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Smart working, esercizio di una libertà post moderna

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Lo smart working, una nuova libertà acquisita, può definirsi come l’esercizio di una libertà post-moderna. Parlare di lavoro e libertà può sembrare, per certi aspetti, un ossimoro. Il concetto stesso di lavoro, infatti, implica sempre un inevitabile coefficiente di coordinamento o controllo, conseguenza del fatto che siamo degli esseri sociali, che dobbiamo, cioè, continuamente co-adattare le nostre azioni a quelle degli altri.

E qui ci viene in aiuto Benjamin Constant che ha messo chiaramente in evidenza la scelta tra la libertà degli antichi, esemplificata dalla città di Sparta, repubblica militare chiusa al mondo esterno, dove gli uomini vivevano all’interno di un ordine prescrittivo in cui la scelta individuale era impossibile e quella dei moderni, rappresentata da Atene, la più dedita ai commerci fra tutte le repubbliche greche, che ha beneficiato della libertà, intesa come scelta individuale. La scelta alternativa di rinchiudersi nella tradizione, nelle antiche leggi, nei codici ormai divenuti rigidi tanto da sovrastare l’individuo e la sua tendenza ad aprirsi all’iniziativa libera e all’innovazione dei singoli non è però solo una riflessione di Constant: è una scelta che ci si deve sempre porre, a ogni passaggio d’epoca.

Il mutamento che sta operando lo smart working è un fenomeno complesso, che non può essere lasciato a sé stesso e che sicuramente spaventa molti. Ci si chiede, ad esempio, se esso sia in grado di aumentare la disoccupazione, qualora la tecnologia impiegata fosse in grado di ‘rimpiazzare’ l’attività umana, o ancora, se possa acuire le differenze sociali o l’individualismo esasperato, generando in molti la patologia dell’abbandono. Al contempo, la crisi riguarda anche lo spazio, come dimostra il collasso contemporaneo di interi quartieri, all’interno di metropoli come New York e Londra, non più adatti ai nuovi modelli di lavoro e in cui le aziende scelgono di lasciare i dipendenti a casa per ridurre i costi e i lavoratori dimostrano di preferire lo smart working.

Nella storica querelle su un equilibrio, sempre instabile, tra libertà e democrazia, si parla in questo libro di un nuovo equilibrio tra luogo e non luogo – spazio atopico di libertà e autorealizzazione.

Lo smart working, che il libro vuole ridefinire in una chiave di lettura più ampia del termine, infatti, non si limita a un luogo o una tipologia di lavoro, ma indica un nuovo modo di vivere, che non riguarda solo il singolo individuo, bensì l’intero tessuto sociale. Proprio per questo, il volume raccoglie al suo interno anche il testo di un recente disegno di legge promosso dal curatore, il cui fine ultimo è la valorizzazione del ‘lavoro agile’, attraverso la promozione di una forma di stanzialità che permetta di ripopolare, in senso permanente, i piccoli borghi d’Italia.

A ogni buon conto, il lavoro è riconosciuto come fondamento della nostra Repubblica, tutelabile in tutte le sue forme e applicazioni e alla luce dei radicali cambiamenti – non sempre felici – che interessano l’intero tessuto socioeconomico, ci si chiede allora perché relegare lo strumento dello smart working a una mera contrattazione ad personam tra le parti, anziché trattarlo in maniera strutturata con legge ordinaria.

Questa riflessione a fronte del fatto che la volontà dei più è stata quella di ritornare a uno status quo ante smart working, cercando di ristabilire il più possibile l’Ancien Régime costituito dai classici canoni spazio-temporali del lavoro, in una spinta di ‘restaurazione’ lavorativa che potremmo assimilare, in modo evocativo, allo stesso afflato che caratterizzò il Congresso di Vienna.

Abbandonare la libertà degli antichi per abbracciare la libertà dei moderni equivale, quindi, ad entrare in un contrapposto universo culturale. Tale fenomeno epocale tra nuovo e vecchio mondo rappresenta una nuova libertà acquisita e, in quanto tale, va favorito, richiedendo risposte rapide e adeguate.

E proprio la capacità di rispondere a tale fenomeno sarà cruciale per la vita di molte aziende. La possibilità di lavorare in modo flessibile, infatti, è un dato fondamentale per la Generazione Z, quella che caratterizzerà il mondo del lavoro di domani: lo smart working è diventata una condizione necessaria per scegliere l’azienda di cui far parte, un elemento condizionante la scelta del posto di lavoro.

Lo smart working tra la libertà degli antichi e quella dei moderni

“È giunto ora il momento di affrontare la sfida. Solo così si può impedire allo smart working di essere una formula mista di varie tipologie lavorative, e permettere che possa essere equo e, possibilmente, non riservato a poche categorie lavorative”. Non solo un’occasione, ma una necessità. Il libro esplora le opportunità dell’istituto dello smart working facendosi promotore di una nuova modernità nel rapporto fiduciario tra i lavoratori e i datori di lavoro. Un vademecum di cesura tra un passato fatto di sistematicità e inflessibilità e il ventaglio di nuove libertà dei lavoratori nella nuova era dettata dalle regole personalmente modulabili grazie allo smart working.

 

 

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