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Il luglio nero delle imprese italiane, tra produzione e prestiti

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L’economia italiana non è in forma, e luglio è stato un mese particolarmente difficile, che ha messo a dura prova le imprese in un contesto macro economico sempre più nero per l’Europa. Lo rilevano i dati Istat sulla produzione industriale, ma anche quelli di Banca d’Italia sui prestiti, relativi allo stesso mese: le nostre aziende, in sostanza, chiedono meno soldi agli istituti di credito.

Inoltre proprio l’Istat ha certificato una flessione dell’economia del Paese nel secondo trimestre: dopo l’aumento registrato nei tre mesi precedenti, in Italia il prodotto interno lordo (Pil), ha segnato un calo (-0,4%).

Non è in difficoltà solo l’Italia. È l’economia internazionale a rallentare, dice l’Istat, che tra le cause indica ancora l’inflazione (per quanto in calo) e le condizioni di finanziamento (quindi le politiche monetarie delle bance centrali) restrittive.

Per completare il quadro, alla domanda su come andrà alla fine il 2023, ha risposto la Commissione Europea: Bruxelles taglia le stime di tutto il continente, mette in guardia sulla situazione più grave (la Germania, in recessione nel 2023) e testimonia le difficoltà italiane: Il nostro Pil crescerà dello 0,9% nel 2023 (dall’1,2% precedentemente previsto) e dello 0,8% nel 2024 (la stima precedente era dell’1,1%).

“La crescita economica dell’Italia – secondo le stime Ue – ha iniziato a rallentare lo scorso anno, arrestando la ripresa post-pandemia che aveva portato la crescita al 7,0% nel 2021 e al 3,7% nel 2022”.

Il calo della produzione

“Dal lato dell’offerta, segnali negativi provengono dal settore manifatturiero. A luglio, dopo due mesi di crescita consecutivi, l’indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,7% in termini congiunturali”, scrive l’istituto nella sua nota mensile sull’andamento dell’economia italiana. Andando a vedere il report relativo alla sola produttività, si scopre qualche dettaglio in più.

A luglio infatti l’istituto di statistica ha stimato che l’indice destagionalizzato della produzione industriale (che misura la variazione nel tempo del volume fisico della produzione effettuata dall’industria) è diminuito dello 0,7% rispetto a giugno, anche se nella media del periodo maggio-luglio il livello della produzione è aumentato dello 0,2% rispetto ai tre mesi precedenti. Come detto, il segno meno arriva dopo due mesi di crescita.

Ma leggendo il report Istat si scopre anche che il calo è diffuso in tutti i comparti più importanti, tranne l’energia (+3,7%). L’indice destagionalizzato mensile cala per i beni intermedi (-0,5%), per i beni strumentali (-1,5%) e per i beni di consumo (-1,6%).

Ma al di là della variazione mensile, il dato Istat mostra un calo anche rispetto al 2022: in un anno l’indice della produzione è dimiuito del 2,1%. E in questo caso, l’unico comparto a salvarsi è quello dei beni strumentali (+3%); diminuiscono, invece, i beni di consumo (-3,7%), l’energia (-4,0%) e i beni intermedi (-4,5%). In un anno la produttività è cresciuta per i mezzi di trasporto (+10,1%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+5,8%) e la fabbricazione di computer e prodotti di elettronica (+0,4%). Forte calo per l’industria del legno, della carta e della stampa (-12,3%) e per l’attività estrattiva (-10,1%).

I dati dell’Istat sulla produzione industriale a luglio

 

A cosa è dovuto questo calo? Secondo il ministro del Made in Italy Adolfo Urso (che ha parlato su Rai 3 di segnale d’allarme atteso, commentando i dati) hanno inciso l’aumento dei prezzi dell’energia con le decisioni dell’Opec, le difficoltà tedesche e la stretta sui tassi della Bce, che rendono più difficile la vita di famiglie e imprese.

Sempre meno prestiti, sempre più onerosi

Effettivamente, il credito sembra una delle difficoltà maggiori, per le aziende.

Luglio è stato un brutto mese anche per i prestiti, e stavolta a fornire i dati è la Banca d’Italia: sono diminuiti del 2,3% quelli al settore privato rispetto all’anno precedente, mentre il calo è stato del -1,7% rispetto a giugno. La flessione più consistente è quella del 4%, che riguarda appunto le imprese, le società non finanziarie.

D’altronde, al contrario dei mutui, prendere soldi in prestito per le imprese è diventato più oneroso: i tassi di interesse sui
nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 5,09% (5,04 nel mese precedente). A luglio del 2022, la percentuale era dell’1,31%.

Sempre per quanto riguarda i prestiti alle imprese, quelli per importi fino a 1 milione di euro sono stati pari al 5,50%, mentre i tassi sui nuovi prestiti di importo superiore al milione si sono collocati al 4,85%.

Calano anche i prestiti alle famiglie, anche se solo dello 0,3%, nonostante rallenti al 4,58% il tasso d’interesse sui mutui. Era al 4,65% a giugno.

Per quanto riguarda le nuove erogazioni di credito al consumo, il Taeg è invece al 10,48% dal 9,03 del mese precedente.

Diminuiscono anche i depositi del settore privato, del 6,5% sui dodici mesi (-4,3% a giugno), mentre la raccolta obbligazionaria è aumentata del 17,5 per cento (16,1 in giugno).

Le altre difficoltà italiane, tra occupazione e fiducia delle imprese

Nella nota sull’economia italiana dell’Istat, gli indizi sul periodo difficile delle nostre imprese si moltiplicano. Eccoli in sintesi:

  • Nel secondo trimestre, dopo l’aumento registrato nei tre mesi precedenti, in Italia il prodotto interno lordo (Pil), ha segnato una flessione (-0,4%). La variazione acquisita per il 2023 è pari a 0,7%.
  • L’occupazione, per la prima volta nell’anno, a luglio ha segnato una flessione che lascia comunque il numero degli occupati a un livello superiore a quello di luglio 2022. Il tasso di disoccupazione è aumentato a fronte della stabilità di quello di inattività.
  • Ad agosto, si è rilevato un generalizzato peggioramento della fiducia delle imprese: si tratta del valore più basso da novembre 2022. La fiducia dei consumatori, pur riducendosi, si è mantenuta sopra il livello medio del periodo gennaio-luglio.
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