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Mpw, Women for Future: visioni per un futuro di inclusione alla Rome Future Week

Immaginare soluzioni per un futuro più inclusivo. E’ questo il compito che si sono dati gli speaker del talk Mpw – Most Powerful Women – ‘Women for Future’ –  organizzato da Fortune Italia nell’ambito della Rome Future Week.

L’appuntamento mensile Mpw, eccezionalmente dal vivo sull’Open stage della Casa delle Tecnologie Emergenti, quartier generale della Rome Future Week –  ha visto alternarsi sul palco Tiziana Catarci, direttrice Diag (Sapienza Università di Roma), Claudia Conte, attivista per i diritti umani e delle donne, Emilia Garito, Ceo di  Quantum Leap Licia Troisi, scrittrice, astrofisica e divulgatrice scientifica. Per garantire l’abituale ‘quota azzurra’ del dibattito Mpw è intervenuto Omar Rashid, art director, produttore, autore e regista.

Mariapia Ebreo (Fortune Italia), che ha moderato il dibattito, ha chiesto agli speaker di tracciare delle direttrici per proiettare l’Italia in un futuro in cui la parola chiave sia integrazione. Un’operazione necessaria, visto che il Paese perde 13 posizioni, scivolando al 79mo posto (su 146), nel report 2023 del Global Gender gap del World Economic Forum.

Un modello di cambiamento – suggerisce Tiziana Catarci – può venire dalla scuola. Sappiamo che nonostante il mondo del lavoro sia sempre più orientato verso il tech, sono ancora poche le ragazze che scelgono un percorso di studi scientifici. Catarci ha spiegato come: “L’information tecnology è un settore che sta cambiando il mondo, è quello che avrà il maggior impatto sul futuro, e che sarà frutto della rivoluzione digitale che stiamo vivendo. Purtroppo il futuro lo stanno progettando gli uomini di oggi, perché ora nel settore c’è poca partecipazione femminile, e quindi  anche il domani si preannuncia senza diversità. Ma siamo ancora in tempo a cambiare lo scenario”. Solo il 16% delle studentesse sceglie un percorso di studi Stem, su scala nazionale, e Catarci commenta: “I dati non sono consolanti e non aumentano, perché è necessario un approccio diverso: dobbiamo agire a livello di Paese, insegnando discipline tecnologiche fin dalle elementari, in maniera attrattiva e non arida, le nostre sono le discipline che insegnano a risolvere i problemi”.

Una volta terminato il percorso di studi, c’è la sfida del lavoro. Le laureate italiane superano i colleghi maschi, 59,4% contro 40,6% nel 2022 . Ma fra queste, solo il 19% ha conseguito una laurea in materie Stem, contro il 40,1% dei ragazzi, e il numero scende ancora se si considerano le lauree in informatica e tecnologie Ict: le laureate sono solo 15,2% (dati Almalaurea).

Su questo si incentra l’intervento di Emilia Garito, che sottolinea come sia importante cercare di portare avanti la multidisciplinarietà che “per me significa anche prevedere un maggior numero di uomini impegnati nei circuiti culturali, ad esempio. Nel mio percorso, poi, ho sicuramente incontrato donne interessanti, ricercatrici magari non famose, che non calcano i palchi ma fanno con passione un lavoro straordinario, sono state i miei ‘role model’ per la loro capacità e determinazione a portare avanti un talento di fondo al di là del contesto sociale. Ci sono donne poi come Catia Bastioli che ha preso un’azienda sul nascere e l’ha portata dov’è oggi, un’azienda di plastiche biodegradabili con oltre 1000 brevetti all’attivo”.

Garito si interroga sul bilanciamento necessario fra l’essere donna e professionista: “la componente femminile di noi stesse, che è fatta di attitudini più dolci rispetto a quelle maschili, penso debba essere preservata, anche se ci si ritrova a capo dell’azienda. Me lo ripeto spesso perché non è sempre facile, nemmeno per me, ma è importante portare avanti quello in cui si crede, restando coerenti con l’essere donna”.

E donne sono le eroine dei romanzi di Licia Troisi, anche lei con una formazione Stem e un passato da astrofisica. E’ l’autrice fantasy italiana più famosa all’estero, e le protagoniste delle sue storie sono principesse, sì, che però ‘si salvano da sole’, e che nascono per rispondere ad una mancanza.

“Ho sempre amato raccontare storie e quando ero bambina l’editoria era diversa, c’erano grandi classici e la letteratura fantastica, oltre ad essere una porzione molto piccola nelle librerie, si concentrava sui protagonisti maschi” racconta Troisi. “Sentivo la mancanza di un personaggio combattente femminile: impugnare la spada era per me un modo di raccontare le lotte che ciascuno compie tutti i giorni, per raggiungere i propri obiettivi. Ho cominciato ad orientare le mie storie verso quei personaggi, che cercavano di raggiungere i loro sogni senza farsi condizionare dalle richieste sociali. L’ispirazione mi veniva dalle donne che avevo intorno a me, si affermavano in campi che la società definiva maschili. Allora c’erano i due modelli: la donna materna, accudente, dolce, il cui scopo è quello di stare con la prole e dall’altro lato la donna che usa il suo corpo in maniera malvagia, come uno strumento perché la società non gliene dà altri. Io però vedevo attorno a me donne diverse” ed era a loro che voleva parlare, e voleva raccontare di loro.

Una nuova narrazione del femminile e una lettura più chiara del presente, può aiutare nel definire il nuovo posto che le donne occupano nella società. Un ruolo determinante lo occupano i diritti, che dovrebbero essere diritti di tutte e  tutti.
La cronaca di questi giorni racconta di un pubblico ministero di Brescia che ha chiesto l’assoluzione di un uomo che picchiava la propria moglie, adducendo la giustificazione che, essendo lui originario del Bangladesh, quel comportamento fa parte della sua cultura. Claudia Conte, conduttrice e opinionista televisiva, imprenditrice culturale e attivista per i diritti umani, ha commentato così quella che ha chiamato ‘la geografia dei diritti’: “C’è una geografia che è divisa in Paesi, nel mondo occidentale i diritti sono sanciti, ma pensiamo all’Afganistan, che è il luogo peggiore dove nascere donna. Il nostro pensiero va a quelle donne che vedono completamente calpestati i loro diritti. O pensiamo all’Iran, dove c’è la rivoluzione delle donne, talmente forte che coinvolge anche gli uomini. Bisogna promuovere esempi positivi, agendo per cambiare la cultura e valorizzare il rispetto della donna e dei suoi diritti, e questo non c’è se non c’è uguaglianza, che già da noi è stata sancita solo 75 anni fa, con l’articolo 3 della Costituzione”.

Omar Rashid ha portato nella discussione il punto di vista maschile, il suo contributo a una discussione aperta e intenta ad analizzare tutti gli aspetti di quella che deve diventare una rivoluzione culturale di inclusione. Rashid ha voluto analizzare il peso che ancora rivestono gli stereotipi femminili raccontati dal cinema.
La direzione che ha preso il cinema in questi anni è un po’ confusa, troviamo figure forti messe così, perché ci devono essere, ma almeno è l’inizio di un percorso virtuoso, per raddrizzare la strada è utile cominciare, e lo stiamo facendo. Di recente però ho anche visto film che mi hanno colpito moltissimo, come Una donna promettente, e anche Barbie. Io guardo qualsiasi cosa, ero curioso di vedere un film, pur commerciale, ma con autori importanti come Greta Gerwig e Noah Baumbach, mi interessava come operazione”. L’analisi di Rashid continua con un excursus nel cinema degli anni ’80 “in cui l’uomo forte aveva il sopravvento, le donne erano come Ken nel film di Barbie, non servivano a niente se non ad essere accanto alla figura maschile”. Ma, ha concluso “mi piace essere ottimista, nonostante i numeri citati non siano confortanti, voglio pensare che ogni rivoluzione comincia da un piccolo passo, e che siamo sulla strada giusta anche se ci vorrà tempo”.

Gli spunti e le riflessioni emerse dal confronto del talk diventano una traccia di discussione per la comunità Mpw, che anima nel mondo i dibattiti culturali non solo sul valore della diversità di genere in ambito aziendale ma, nel suo complesso, sul fondamentale ruolo della donna nella società contemporanea.

 

 

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