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ReWriters Fest, donne come driver di sviluppo: intervista a Eugenia Romanelli”

Un punto di vista è solo la vista da un punto. Questo è il claim di ReWriters, il movimento culturale nato quattro anni fa a Roma, con una mission precisa: cambiare e migliorare il Mondo.

ReWriters Fest organizza  un festival di sostenibilità sociale e culturale, una tre giorni di confronti e dialoghi fra protagonisti e protagoniste del mondo imprenditoriale, economico, culturale, accomunati dalla volontà di proporre una chiave di lettura nuova. L’iniziativa – che si svolgerà dal 13 al 15 ottobre presso la WeGil a Roma –  punta a valorizzare il pensiero divergente con l’obiettivo di cambiare il sistema, alla luce della cultura inclusiva della diversità.

L’ideatrice del Festival è la giornalista e autrice Eugenia Romanelli che ne cura anche la Direzione artistica. L’abbiamo intervistata per conoscere più nel dettaglio la genesi, il percorso e la visione dell’iniziativa.

ReWriters Fest: di cosa si tratta e come è nata l’idea?

Il nostro è il primo festival di sostenibilità sociale e vive sotto il marchio ReWriters, che comprende una testata giornalistica digitale, ma anche una collana di libri, un premio e appunto anche un festival, e ha come missione quella di riscrivere l’immaginario contemporaneo – oggi si direbbe role model – a partire da un manifesto etico che è stato scritto dall’omonima associazione culturale ReWriters ed è ispirato al framework dell’agenda 2030 dell’Onu, – Esg: Environmental Social e Governance – puntando in particolare sulla S di sociale. Il Manifesto consta di sedici punti, che spaziano dai temi di giustizia intergenerazionale alla salute mentale dei giovani, alla violenza contro le donne, fino al contrasto al bullismo, alla digital responsability e body positività. Insomma sono i grandi temi della contemporaneità e raccontano la transizione sociale in atto.  Penso che quello della sostenibilità sociale in Italia sia un concetto ancora poco chiaro: dal mio punto di vista significa occuparsi della felicità di tutte le persone. Immagino una società, una comunità in cui ognuno possa far fiorire la propria natura e consentire agli altri a fare altrettanto.

Eugenia Romanelli – Direttrice ReWriters.it e Ceo ReWorld


Promuovere il pensiero divergente per cambiare, migliorare il sistema. E’ questo quello di cui ha davvero bisogno la nostra società?

Il nostro obiettivo è quello di fare informazione e sensibilizzare, per passare da una visione egocentrica a una visione ecocentrica. La contemporaneità si è ammalata di un narcisismo che ci ha un po’ offuscato, facendoci credere di essere predatori di questo Pianeta – questa volta non lo declino al femminile – invece che suoi custodi. Questo è un errore cognitivo che va corretto, magari con creatività e un po’ di suggestione, lavorando sulle emozioni positive. Evitando però di scatenare l’eco ansia e lavorando invece sul contributo che ognuno di noi può portare, sia come singolo, sia come organizzazione. sia come istituzione anche politica.

Rewriters è un brand culturale, che punta però a valorizzare temi come lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare. Come si conciliano questi ambiti, con quali obiettivi per il futuro?

Noi siamo partiti da un’idea molto semplice: occorre immaginare un nuovo modello ‘abitativo’ per il Pianeta, più funzionale rispetto a quello attuale, che evidentemente ha fallito. Possiamo imparare dai moscerini, che hanno un’incredibile capacità di adattamento e di cooperazione, molto più della specie umana. C’è sicuramente l’urgenza di pensare a nuovi modelli e valorizzare il pensiero laterale, divergente, creativo, che è particolarmente sviluppato nelle donne.

Le lezioni del passato servono per riscrivere il domani: e come lo immagina Eugenia Romanelli il futuro, e lo chiedo alla Eugenia mamma, mamma di una splendida bambina che è nata nell’ambito di una famiglia omogenitoriale

La nostra è la storia di un matrimonio e di una genitorialità che ha cambiato la giurisprudenza italiana: è la storia di questa bambina, che è oggetto della seconda sentenza di stepchild adoption in Italia – l’adozione da parte del partner, in questo caso omosessuale, del genitore biologico – ed è stata un’esperienza che ci ha fatto fare delle riflessioni profonde su come stiamo al mondo, e in questo senso è stata anche un’opportunità.
Io sono ottimista, e tutto il progetto che abbiamo creato ha la missione di contribuire il più velocemente possibile, speriamo già in una generazione, a innescare un forte cambiamento nell’agire collettivo. Il mondo di domani lo vedo come un luogo in cui la cooperazione sarà la leva strategica a tutti i livelli della società, dobbiamo comprendere che questo è l’unico modello che ci consentirà di sopravvivere, il modello della cooperazione, è questa un po’ la sfida di cui siamo portatrici: lavorare sull’immaginario, sulla cultura e sulla comunicazione. Puntiamo a creare un movimento culturale forte, che connoti i nuovi modelli con un appeal potente, che faccia scattare quel meccanismo – inizialmente semplicemente imitativo e poi più interiorizzato – che possa aiutarci ad assumere comportamenti singoli e collettivi, più sostenibili, e questa parola la uso ovviamente nelle sue infinite declinazioni.

La sfida del futuro: immaginare nuovi scenari. Che ruolo ha la cultura dell’inclusione in questa rilettura del domani?

Forse dobbiamo smettere di ragionare in termini di diversity e superare il concetto dell’inclusione, perché non esiste una maggioranza data, in maniera dogmatica, che deve concedere a qualcun altro di essere incluso. Il processo, ormai necessario, è molto più entusiasmante: ognuno di noi può contribuire alla sostenibilità sociale, alla felicità di una società, soltanto se riesce a fiorire secondo la propria natura, esprimendo il proprio potenziale.  Io parlerei di uniqueness, di cultura dell’unicità, ed è un po’ questo il lavoro che stiamo cercando di fare. Dovremmo decostruire il concetto di maggioranza che include una minoranza, e costruire una società in cui ciascuno di noi può essere una persona realizzata e felice, pronta a dare il proprio contributo in un’ottica di collaborazione.

Chiudiamo tornando al Festival, che affronta quest’anno un tema importante

Siamo arrivati alla terza edizione del ReWriters Fest, è stato un crescendo importante, oggi è un evento con un palco molto robusto. Ogni anno scegliamo un tema portante e quest’anno parleremo di ‘Donne come driver di sviluppo’. Con una narrazione che mixerà il linguaggio per addetti ai lavori con uno sprint divulgativo: l’idea è quella di partire da un racconto semplice – due donne su tre non hanno un conto in banca – per approfondire con un approccio più complesso e scientifico, di analisi del meccanismo di sostenibilità economica in cui le donne hanno un ruolo fondamentale e possono avere un ruolo portante.

 

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