NF24
Cerca
Close this search box.

Le nuove sfide per le terre rare

Come è noto le terre rare sono un insieme di diciassette elementi della tavola periodica: scandio, ittrio e i 15 lantanidi. Possiedono proprietà magnetiche e conduttive che non si riscontrano in altri componenti chimici. Impiegate negli hard disk, nei motori elettrici e ibridi, nelle fibre ottiche e nei pannelli solari, vantano anche importanti applicazioni nelle tecnologie mediche di immaginografia con risonanza magnetica.

Sono insomma decisamente strategiche per una moltitudine di complessi utilizzi. Nonostante il nome queste risorse non sono intrinsecamente “rare”; alcune sono presenti in abbondanza nella crosta terrestre. La loro rarità risiede però nel complesso processo di raffinazione poiché questi elementi si trovano generalmente nei minerali in concentrazioni estremamente basse, rendendo il processo di estrazione costoso e tecnicamente complesso.

Per ottenere un chilo di lutezio, ad esempio, sono necessarie in media la frammentazione di 1.200 tonnellate di roccia. In secondo luogo, le strette somiglianze chimiche tra i vari elementi delle terre rare li rendono difficili da separare, richiedendo tecnologie sofisticate e sostanze chimiche inquinanti. Il loro contenuto di torio o uranio radioattivo aggiunge un ulteriore livello di preoccupazione per l’ambiente e per l’uomo stesso. 

IL MONOPOLIO CINESE. Fino agli anni ’80, gli Stati Uniti dominavano il mercato delle terre rare. La Cina ha ribaltato questa tendenza con manodopera più economica, depositi più grandi e normative ambientali meno rigorose. Dal 1995, la Cina è diventata il principale produttore mondiale, con un quasi monopolio sull’estrazione e sulla raffinazione delle terre rare.

Secondo l’US Geological Survey, ha le riserve più grandi del mondo con 44 milioni di tonnellate, che rappresentano oltre un terzo di quelle identificate (37%). Con circa il 60% del mercato mondiale dell’estrazione e una quota ancora più elevata nella raffinazione – fino al 90% – la dipendenza dalla Cina per queste risorse è una crescente fonte di preoccupazione. La Commissione europea ha riferito che il 98% delle terre rare utilizzate nell’UE sono importate dalla Cina.

IL RUOLO DELL’ UE. Il Critical Raw Material Act pubblicato il 16 marzo 2023 ha dimostrato l’obiettivo dell’Unione Europea di rafforzare la propria resilienza nel settore delle terre rare. Questo atto fissa obiettivi ambiziosi per aumentare i contributi dell’Unione europea a queste sostanze, con il 10% per l’estrazione, il 40% per la lavorazione e il 15% per il riciclaggio. La proposta raccomanda inoltre una procedura di autorizzazione rapida e semplificata specifica per progetti di estrazione strategica, che saranno gestiti da un unico punto di contatto nazionale.

Il regolamento suggerisce misure per diversificare le importazioni di materie prime cruciali in modo che non più del 65% di ciascuna materia prima strategica provenga da un singolo paese terzo, nel tentativo di evitare una dipendenza eccessiva dalla Cina.

I RISCHI GEOPOLTICI. Ma dove risiedono i maggiori rischi per l’estrazione e l’uso di questi metalli da terre rare? La transizione energetica richiede un massiccio aumento della fornitura di questi materiali critici, ma le catene di approvvigionamento rimangono vulnerabili a una serie di rischi geopolitici. Anche se le riserve per questi minerali legati alla transizione energetica non scarseggiano, le capacità globali per la loro estrazione e raffinazione sono limitate.

Le interruzioni dell’offerta potrebbero avere un impatto sulla velocità della transizione energetica nel breve e medio termine (ciò emerge da un rapporto dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili IRENA, guidata dall’italiano Francesco La Camera). Occorre però ricordare che senza terre rare non esisterebbe transizione ecologica o digitale: la versatilità di utilizzo le rende indispensabili e la loro domanda è destinata a crescere in modo esponenziale nei prossimi anni con tutti i rischi connessi.

Oggi, l’estrazione di materiali critici è altamente concentrata in posizioni geografiche specifiche. Australia (litio), Cina (grafite, terre rare), Cile (rame e litio), Repubblica Democratica del Congo (cobalto), Indonesia (nichel) e Sud Africa (platino, iridio) sono i principali attori. La lavorazione è ancora più concentrata geograficamente, con la Cina che rappresenta oltre il 50% della fornitura mondiale di grafite (naturale), disprosio (una terra rara), cobalto, litio e manganese.

Inoltre, l’industria mineraria è dominata da poche grandi aziende, il che porta a mercati spesso oligopolistici. Di conseguenza, il settore è altamente concentrato e pochi controllano una parte significativa della produzione e del commercio globale. Le prime cinque società minerarie controllano il 61% della produzione di litio e il 56% di quella di cobalto.

LA SFIDA MAGGIORE. Il rapporto pubblicato da IRENA nei mesi scorsi evidenzia inoltre l’opportunità di riscrivere il copione delle materie prime estrattive e creare lo slancio per catene di approvvigionamento del valore più inclusive, etiche e sostenibili. Le politiche di sostegno consentiranno ai paesi in via di sviluppo di realizzare nuove opportunità commerciali e potrebbero migliorare la resilienza, mantenendo al contempo in corso l’agenda di decarbonizzazione globale indicata nella COP28 appena conclusa.

Mentre la dipendenza e le dinamiche di approvvigionamento differiscono fondamentalmente da quelle dei combustibili fossili, l’estrazione e la lavorazione di materiali critici sono concentrate geograficamente, con pochi paesi e poche grandi aziende che svolgono un ruolo dominante. Shock esterni, nazionalismo delle risorse, restrizioni alle esportazioni, cartelli minerari, instabilità e manipolazione del mercato potrebbero quindi aumentare i rischi di carenza di approvvigionamento. 

Questa è una delle più grandi sfide che occorrerà fronteggiare nei prossimi anni insieme al ruolo dominante della Cina, così come indicato sapientemente da un recente studio di The European House-Ambrosetti (in collaborazione con il gruppo Iren guidato dal Presidente Luca Dal Fabbro). Il position paper mette in evidenza proprio la notevole dipendenza dell’UE da Pechino – per ciò che concerne i minerali da cui dipendono transizione energetica, elettrificazione dei trasporti, difesa e cybersicurezza – analizzando i rischi geopolitici e le opportunità derivanti dall’economia circolare.

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.