NF24
Cerca
Close this search box.

Vincere la sfida della parità di genere

Anna Brancaccio*

Anna Brancaccio*

Se c’è una cosa che stimo di questa rivista è la serietà e l’intelligenza con cui si batte contro una iniquità assurda e il coraggio che mostra nel mettere in luce l’irresponsabilità della nostra classe dirigente che fa poco o nulla per rimuovere un divario di genere insopportabile sotto il profilo sociale ed economico.

Evidenziare le disuguaglianze di genere in Italia, in particolare nei settori del mercato del lavoro, della partecipazione ai processi decisionali, è non solo meritorio ma necessario. L’Italia è davanti ad un crocevia della sua storia: o riesce a sfruttare la crisi pandemica e gli effetti devastanti di congiunture internazionali drammatiche (guerra in Ucraina e ripresa delle ostilità in Medio Oriente) impiegando bene le risorse del Pnrr o sarà considerata ininfluente nella comunità internazionale. Leggevo qualche tempo fa su questa rivista l’editoriale del direttore che spiegava, grosso modo, che avere alla guida della Consulta, della Suprema Corte di Cassazione e Palazzo Chigi una donna rischiava di essere una foglia di fico di una questione irrisolta: l’odioso divario di genere che non colmiamo. Ho come l’impressione che la nostra classe dirigente faccia fatica a capire che aprire la società alle donne davvero è un primo passo per dare piena attuazione al nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza.

La crisi pandemica ha colpito l’occupazione femminile, specialmente nel Mezzogiorno, raggiungendo livelli tra i più bassi in Europa. Un numero significativo di donne continua ad optare per il part-time (20,5% rispetto alla media europea del 36,7%) e occupazioni a bassa paga, con una disparità salariale del 43% rispetto agli uomini.

La presenza di figli in età prescolare rende difficile l’accesso al mercato del lavoro per le madri, e l’asimmetria nella distribuzione del lavoro familiare sfavorisce le donne. Sebbene il divario di genere sia a sfavore degli uomini nell’abbandono scolastico precoce, persiste una scarsa partecipazione delle ragazze nelle discipline Stem. La partecipazione femminile ai processi decisionali politici ed economici ha fatto progressi negli ultimi anni. Avere a Palazzo Chigi Giorgia Meloni, per fare un esempio forse banale, è un dato positivo, ma non esaustivo come abbiamo già detto.

La violenza di genere è significativa, troppe donne vengono uccise, massacrate, violate. E questa violenza è spesso collegata alla dipendenza economica delle vittime che non consente loro di essere autosufficienti e scegliere di lasciare il loro carnefice. A ciò si aggiunge che sebbene le donne abbiano un vantaggio nella durata della vita, la speranza di vita in buona salute è inferiore rispetto agli uomini perché le donne si ammalano in modo diverso, di malattie differenti e riconoscere le differenze di genere permetterebbe di fornire cure più appropriate. Ora, a mio modesto avviso, se nonostante il Pnrr non avremo un impatto positivo sull’occupazione femminile; se in questi anni di attuazione del Pnrr oltre a pensare alle infrastrutture materiali e immateriali per ammodernare il Paese non includiamo anche misure specifiche per promuovere la parità di genere, come far fronte al problema del divario retributivo e pensionistico fra uomini e donne; se non cominciamo davvero a colmare o a mitigare il più possibile le disuguaglianze di genere, attraverso un serio processo di cambiamento e rinnovamento culturale e sociale promuovendo la cultura della diversità, l’Italia fallirà la sfida di diventare un paese moderno a misura anche di donna.

 

* giurista

ABBIAMO UN'OFFERTA PER TE

€2 per 1 mese di Fortune

Oltre 100 articoli in anteprima di business ed economia ogni mese

Approfittane ora per ottenere in esclusiva:

Fortune è un marchio Fortune Media IP Limited usato sotto licenza.