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Spiegare l’IA: un obbligo per la GenZ

Se non vogliamo che l’IA sia regolata come una minaccia o un mistero, la Gen Z deve farsi carico di spiegarla alla generazione di chi ci governa. Infatti, nell’era post-bellica tempo di rinascita e ricostruzione, la televisione italiana diventò il mezzo attraverso cui a milioni di persone fu insegnato a leggere e scrivere. Oggi, in un mondo dominato dalla tecnologia, la Gen Z si trova di fronte a una missione simile, ma su un campo diverso: spiegare a tu per tu l’intelligenza artificiale alle precedenti generazioni, incluse quelle di chi ci governa.

La storia ci insegna che l’evoluzione tecnologica non è solo un fenomeno per gli specialisti o un campo riservato all’élite, e che non c’è un’età o una categoria sociale in cui ci si può ritirare sull’Aventino. Così come gli anni ’90 hanno portato i personal computer nella casa di tutti, con gli strumenti di IA generativa – presto inglobati negli assistenti virtuali – stiamo scoprendo una nuova tecnologia accessibile che presto nessuna generazione potrà permettersi di ignorare nel quotidiano.

Questo processo non è nuovo. Internet, nata come una rete militare, è ora la spina dorsale della società globale. La banda larga, pensata in principio come servizio per le grandi aziende, è diventata il canale indispensabile attraverso cui fluiscono informazioni, intrattenimento e istruzione. Ancora, i telefoni cellulari – in origine status symbol per uomini d’affari nei film americani – sono ora tra le mani di tutti, con la consapevolezza che senza si è tagliati fuori dal mondo (per fare un esempio concreto, pensate all’App IO e al green pass elettronico).

La Gen Z, cresciuta quando tutte queste rivoluzioni tecnologiche erano già belle che compiute, è oggi investita di un compito cruciale: non solo utilizzare l’IA, ma renderla comprensibile e quindi accessibile a tutti. Non si tratta di un semplice passaggio di conoscenze tecniche, ma di un atto di inclusione sociale e culturale. Spiegare come usare l’IA nella vita quotidiana alle generazioni più grandi significa colmare un divario culturale prima che sorga. È un modo per garantire che nessuno venga lasciato indietro mentre ci muoviamo verso il futuro.

L’IA non è un concetto astratto riservato agli scienziati in laboratori lontani. È già qui e influenza come viviamo, lavoriamo e interagiamo con gli altri – ci dà consigli su come relazionarci con gli altri, come scrivere una mail al capo, risolve i compiti di matematica e ci spiega argomenti complessi con le parole e gli esempi che vogliamo sentire.

Così come la TV e poi Internet, anche se in modo diverso, hanno aperto nuove finestre di conoscenze e opportunità, l’IA ha il potenziale per trasformare le nostre vite in modi che stiamo appena iniziando a comprendere. È compito della Gen Z assicurare che questa comprensione sia condivisa, che abbracci ogni generazione in questo viaggio verso il futuro. Solo così potremo sperare in una società in cui l’intelligenza artificiale non sia vista da chi ci governa, e di conseguenza dalle leggi, come una minaccia o un mistero, ma come un fantastico strumento di crescita collettiva e di progresso.

*Valerio Natale è un avvocato specializzato in nuove tecnologie e dottorando di ricerca in diritto pubblico presso l’Università degli Studi Roma Tre. Si occupa di piattaforme online, privacy, intelligenza artificiale, mobilità innovativa e diritti costituzionali.

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