Sarah Ferguson e il melanoma. Ascierto: “Effetto Covid e chi rischia di più”

Sarah Ferguson melanoma
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Quello che è appena iniziato sembra davvero un anno difficile sul fronte della salute per i Reali britannici, parenti e affini inclusi. Dopo il misterioso intervento chirurgico all’addome per la principessa del Galles Kate e il problema alla prostata di Re Carlo III, è la volta della duchessa di York Sarah Ferguson. L’ex moglie del principe Andrea ha reso noto di avere un melanoma e ha voluto, attraverso un portavoce, richiamare l’attenzione della popolazione sull’importanza della diagnosi precoce.

Ma quanto è diffuso, chi rischia di più e come si cura oggi il melanoma? Fortune Italia lo ha chiesto a Paolo Ascierto, direttore Dipartimento Melanoma e Terapie Innovative dell’Irccs Pascale di Napoli, fra i maggiori esperti mondiali di questa patologia.

Ferguson e la diagnosi ‘per caso’

Come si legge sul ‘Sun’, alla duchessa di York – operata nei mesi scorsi per un tumore al seno – erano  stati tolti dei nei: uno di questi è risultato essere un melanoma maligno. Un portavoce ha fatto sapere che la duchessa si sta ora sottoponendo a ulteriori controlli, resta ottimista e convinta che la sua esperienza sottolinei l’importanza di controllare dimensioni, forma, colore e comparsa di nuovi nei che possono essere ‘spia’ di melanoma.

“Anche in questo caso – sottolinea Ascierto – si dimostra come la diagnosi iniziale rappresenti un’arma fondamentale per la lotta al cancro. Ed è importante la scelta di Sarah Ferguson che, dopo la diagnosi di melanoma, ha avuto il coraggio di rendere nota la sua malattia invitando alla prevenzione. Dunque un plauso alla trasparenza e alla decisione della Ferguson di far sentire la propria testimonianza nella speranza di richiamare l’attenzione della popolazione”. Tra l’altro il fototipo della duchessa, dalla pelle chiarissima e i celebri capelli rossi, “è uno dei fattori che aumentano il rischio di melanoma”, ricorda l’oncologo.

L’effetto Covid

“Un comportamento ancor più prezioso dopo Covid-19: il virus pandemico ci ha regalato un gap nelle diagnosi precoci dei tumori, in particolare del melanoma – sottolinea l’oncologo – Così purtroppo ci capita di rilevarlo spesso in forma avanzata, anche nei giovani. Insomma, in pandemia c’è stata una rinuncia ai controlli proprio causa Covid”. E i ritardi “non sono ancora stati colmati. Così quando un personaggio pubblico invita alla prevenzione e lo fa ‘sulla propria pelle’, questo diventa prezioso”.

L’identikit di chi rischia di più

Tra i fattori di rischio “c’è proprio il fototipo chiaro, che si abbronza difficilmente ma si scotta sempre, come quello di Sarah Ferguson. Ma anche le abitudini passate, come le scottature durante l’infanzia e l’adolescenza”. La pelle ha memoria, dicono i dermatologi. Non è un caso che il melanoma sia noto anche come “la malattia dei colletti bianchi, persone che non sono abituate a stare al sole, ma lo fanno solo in periodi limitati e tendono a scottarsi”, continua Ascierto.

Ad aumentare il rischio è anche “l’abitudine a usare le lampade abbronzanti, specie prima dei 30 anni. Stesso dicasi per chi ha avuto casi di melanoma in famiglia“. Occhio, infine, al sole sulla neve. “L’effetto riflettente della neve non va trascurato: dunque anche in settimana bianca è bene proteggersi con creme solari e lenti con schermi Uv”, raccomanda.

Novità sul fronte delle terapie

La buona notizia è che le terapie mirate sono sempre più avanzate ed efficaci. E la ricerca non si ferma. L’associazione dell’immunoterapia con un vaccino anti-melanoma costruito su misura del singolo paziente promette di fare davvero la differenza in termini di sopravvivenza nei pazienti con melanoma ad alto rischio (stadio III-IV) rimosso dal chirurgo.

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Nei mesi scorsi, proprio al Pascale, è iniziato l’ultimo step per il percorso approvativo del vaccino – che non è preventivo, ma terapeutico – con l’arruolamento dei pazienti con diagnosi di melanoma radicalmente operato.

“Immunoterapia e target therapy stanno cambiando la storia naturale della malattia grazie alla ricerca. Ma il messaggio giusto è quello di Sarah Ferguson: anche se abbiamo cure sempre più efficaci, prevenire è meglio che curare. Un messaggio che riguarda anche i giovani: ecco perché si suggerisce dopo i 14-16 anni di fare un controllo annuale dal dermatologo”. Certo, le notizie sulla salute dei Reali britannici colpiscono, ma potrebbero rivelarsi preziose per attirare l’attenzione di tutti noi e spingerci a dedicare tempo agli screening”.

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