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Villadei in diretta dallo Spazio: emozione per il grande lavoro di squadra

La scienza spaziale targata Italia brilla, in questi giorni, grazie agli esperimenti condotti dal colonnello Walter Villadei sulla Stazione Spaziale Internazionale, dove è in corso la missione commerciale Ax-3.
Sono in totale 83 le attività di ricerca e sviluppo che l’Asi ha svolto sull’Iss nell’arco degli ultimi 25 anni, dalla firma del Memorandum of understanding con la Nasa che nel 1997 sanciva l’avvio di una collaborazione per la fornitura dei moduli pressurizzati destinati alla costruzione dell’Iss.
E sei di questi esperimenti sono oggetto della missione Ax-3, come ha raccontato Walter Villadei in collegamento dall’Iss. Il colonnello ha anche salutato e dialogato con studentesse, studenti e docenti universitari e delle classi secondarie di II grado, intervenuti presso la sede dell’Asi che, in collaborazione con l’Aeronautica Militare ha promosso questo scambio nell’ambito della missione Ax-3.

Villadei ha presentato gli esperimenti – selezionati per la missione commerciale Axiom – raccontando questa esperienza e della “grandissima emozione dopo tanti anni di addestramento”, con la piena consapevolezza “che missione e volo sono il frutto di un grande lavoro di squadra”, riferendosi alla collaborazione avviata fra ministero della Difesa, Aeronautica italiana e Asi, che ha consentito di portare in orbita bassa degli esperimenti che vengono dal mondo scientifico e industriale nazionale. “Io sono un astronauta italiano che dà un piccolo contributo, nella consapevolezza che si tratta di un grande risultato di collaborazione”.

L’Italia festeggia nel 2024 i 60 anni di storia dello Spazio – dal lancio del primo satellite italiano, il San Marco 1 – lo ricorda anche Villadei parlando del “Paese protagonista nell’esplorazione spaziale”, dato che la Iss vede il contributo del 40% realizzato dall’industria italiana, protagonista anche con la missione Ax-3 che sta segnando il cambiamento del settore Space, con un sempre maggior coinvolgimento del mondo industriale e privato.

“Oggi assistiamo ad un evento importante, un’occasione per approcciare lo Spazio in maniera diversa”, ha commentato Luca Maria Vincenzo Salamone, direttore generale dell’Asi, che ha dialogato con Villadei e presenziato al collegamento dallo Spazio. “Sui libri di scienze i ragazzi  e le ragazze sono abituati a studiare le galassie, ma questa è l’occasione per vedere che lo Spazio è concreto”. Le missioni private saranno sempre più numerose, fornendo nuove opportunità di crescita e sviluppo per l’industria, con la possibilità di sperimentare “qualcosa che sarà utile per il futuro, per le  prossime generazioni. L’importanza di questa missione ce la ritroveremo negli anni a venire, come la missione su Marte, che magari vedrà protagonisti alcuni dei ragazzi e delle ragazze che sono presenti qui oggi, e che di sicuro avranno la possibilità di cimentarsi in nuove sfide”. Lo Spazio rappresenta un dominio strategico che consente al mondo privato e alle istituzioni di lavorare assieme con una chiara finalità economica e anche medica, aggiunge Salamone: “E’ molto importante lavorare in questo settore e affrontare le sfide sempre nuove, con passione e determinazione, così si possono raggiungere i sogni”.

Fluttuando a 420 km dalla Terra, Villadei ha continuato a raccontare la sua esperienza, sottolineando come il “mondo degli astronauti si sta aprendo, sta diventando una normale dimensione di lavoro, e per poterla attuare con successo non occorre guardare ai percorsi fatti dagli altri, ma trovare la propria strada per raggiungere nuovi obiettivi, basandosi sui propri interessi e capacità”.

Parlando poi degli esperimenti di cui è protagonista in questi giorni, il colonnello ha ricordato che “l’organismo umano non è fatto per vivere in micro gravità, noi ci siamo evoluti sulla Terra, ma il nostro corpo è in grado di  adattarsi” ai cambiamenti imposti dalla vita nello Spazio, come ad esempio “la riduzione della massa ossea e dei muscoli, che nello spazio si accumulano soprattutto sulla parte superiore del corpo. Per effetto delle grandi radiazioni nei primi giorni si avverte una forte nausea, si registra lo spostamento dei ritmi circadiani. L’adattamento però è rapido ed efficace. Io avevo il dubbio di non riuscire a riposare, ma il nostro organismo si adatta utilizzando contromisure con allenamenti prima di partire ma anche in volo”.
Questa missione, conclude Villadei, è la dimostrazione che la cooperazione è fondamentale: “si sta aprendo una pagina nuova con commercial space flight, io sono il primo italiano e c’è nell’equipaggio anche il primo astronauta turco. Il comandante ha la doppia cittadinanza americana e spagnola. Questa è una nuova pagina di esplorazione dello Spazio, un nuovo elemento di collaborazione per promuovere scienza, innovazione, tecnologie per lo sviluppo dell’esplorazione dello Spazio, e l’Italia è fra i protagonisti di questa missione.

La sfida italiana nello Spazio

Barbara Negri, dirigente tecnologo dell’Asi, a margine del collegamento con la Iss ha ricordato: “La sfida scientifica e tecnologica che lo Spazio ci offre non è solo fine a se stessa per la conoscenza, che già di per sé potrebbe essere gratificante, ma dobbiamo immaginare qualcosa di più profondo e allargato. Pensiamo al programma Apollo, che ha portato tantissimi spin-off che hanno migliorato la vita sulla Terra: il passaggio dall’analogico al digitale, il teflon delle padelle, il kevlar protettivo contro gli sbalzi termici, i tessuti tecnici per le vele delle barche. Pensiamo alle missioni spaziali quindi anche come a esperienze che portano risultati tangibili, che mettono in gioco i sistemi virtuosi del nostro Paese”.

Guardando agli esperimenti Asi che sono oggetto della missione Ax-3, si noterà che alcuni rappresentano uno spin-off di altre sperimentazioni avviate in precedenti missioni, ad indicare l’effettivo progresso ottenuto nel campo della ricerca spaziale, con ricadute effettive che migliorano la quotidianità della vita a Terra.

Il progetto βeta-Amyloid Aggregation, ad esempio, punta a studiare l’aggregazione delle proteine beta amiloidi implicate nelle malattie neurodegenerative come il morbo di Alzeheimer. Come ha raccontato il dottor Franco Cardone dell’Istituto superiore di Sanità: “Questo esperimento aiuta a capire qualcosa in più della malattia di Alzeheimer, nota ma poco conosciuta e che ha un grosso impatto sui sistemi della sanità pubblica, anche dal punto di vista economico. Che c’entra con lo Spazio? Gli astronauti vanno incontro ad alcune modifiche della loro fisiologia che ricordano questa malattia. Di solito si studia tanto il sistema muscolo scheletrico nello Spazio, noi abbiamo deciso di affrontare ance i meccanismi della malattia mettendo a punto un sistema semplice fatto di provette molto piccole, in cui abbiamo messo le proteine che aggregano l’ Alzeheimer e che uccidono i neuroni. L’esperimento verrà completato domani e avremo i campioni ad aprile. Faremo lo stesso esperimento a Terra, per capire se la micro gravità agisce su questi campioni, per capire se le condizioni spaziali influiscono, e disegnare esperimenti più complessi con cellule, organoidi e modelli animali semplici.

Esperimento Lidal (Light Ion Detector for Altea) condotto da Walter Villadei

 

Il monitoraggio della radiazione cosmica sulla Iss è l’obiettivo dell’esperimento Lidal (Light Ion Detector for Altea), un rivelatore di particelle costruito a partire dal payload Atea realizzato da Asi, le cui caratteristiche tecniche sono state estese e migliorate tramite lo sviluppo di hardware aggiuntivo. L’esperimento è già stato condotto in precedenza anche dagli astronauti Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti. Ne ha parlato Marco Narici, del dipartimento di scienze Biometriche dell’Università di Padova: “La radiazione è uno dei problemi principali che vanno affrontati per portare l’uomo a lungo nello Spazio. La radiazione spaziale è diversa, per intensità e composizione rispetto a quella che conosciamo a Terra, costituita da fotoni e raggi x e gamma. Nello Spazio siamo preoccupati da altro tipo radiazioni delle particelle cariche che viaggiano a velocità paragonabili a quelle della luce, e che possono portare rischi alla salute dell’astronauta. Abbiamo dei rivelatori, sviluppati a Torvergata grazie ai finanziamenti Asi, che va a misurare caratteristiche particolari come la velocità delle particelle e l’energia cinetica di ciascuna di esse, andando a studiare anche la carica di ciascuna particella che entra nel rivelatore, una scatola di mezzo metro di lunghezza e trenta centimetri di lato in cui la particella incontra dei sensori al silicio o scintillatori plastici che ci forniscono i parametri importanti di valutazione dei  sistemi di rischio per gli astronauti.

La funzionalità delle cellule ovariche in microgravità è il focus dell’esperimento Orion (Ovarian Research In microgravity cONditions) che intende indagare i meccanismi di produzione e modulazione degli ormoni del sistema riproduttivo femminile in ambiente spaziale. Si tratta di uno spin-off del progetto Ovo space partito a novembre 2022 con Samantha Cristoforetti. Questa nuove versione  prendE in considerazione anche i meccanismi coinvolti nella produzione di ormoni e punta anche a capire se l’inositolo può avere effetto protettivo per le cellule di ovaio.

Infine Prometeo II (PROtection MEdiated by antioxidant nanoTEchnOlogy against neuronal damage in space II) che ha l’obiettivo di studiare contromisure allo stress ossidativo causato da microgravità e radiazioni ionizzanti.

La tuta e la startup

E’ stata indossata da Villadei e lo sarà ancora nei prossimi giorni, la tuta bionica EMSisi è prodotta da Rea Space Technologies for Humans, una startup nata già con grandi progetti. Nel febbraio 2022 alcuni studenti pugliesi hanno un’intuizione, nata durante la pandemia Covid: l’idea è quella di pensare ad una tuta che riuscisse a stimolare il corpo dell’astronauta restituendogli lo stimolo muscolare che manca nello Spazio. La tuta lo fa monitorando lo stato dei muscoli sulla terra, e restituendone il delta quando si è nello Spazio. La tuta spaziale è stata  testata nel volo di andata, a bordo della capsula Crew Dragon di SpaceX che ha portato la nella missione Ax-3 dell’azienda statunitense Axiom sulla Iss lo scorso 18 gennaio. REA Space, la giovane impresa di Fasano (Brindisi) che ha progettato, sviluppato e realizzato il prodotto, ha preso parte al programma di accelerazione Takeoff promosso da Cassa Depositi e Prestiti.

La tuta bionica EMSisi

EMSi è la sigla di Electrical muscle simulation. La tuta, progettata per attività intraveicolari, è sviluppata con il supporto del dipartimento di Ingegneria elettrica e dell’informazione del Politecnico di Bari ed è in grado di riprodurre lo stesso stimolo muscolare sul corpo umano che avviene sulla Terra, simulando la gravità in sua assenza.

 

 

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