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AI in Italia, numeri da record. In 10 anni sostituiti 4 mln di posti di lavoro

AI venture capital intelligenza artificiale

Quella dell’intelligenza artificiale è spesso una corsa a chi spara la cifra più grossa, tra stime sul suo impatto economico e conseguenze sui lavoratori. Tra preoccupazioni per la scomparsa di tanti mestieri ed eccitazione dei tecnologi per le magnifiche sorti e progressive di una rivoluzione che per ora riguarda principalmente le grandi aziende. Ma i dati rimangono, e il mercato dell’intelligenza artificiale in Italia cresce parecchio, secondo i dati dell’Osservatorio Artificial intelligence del Polimi. Che prevede che entro dieci anni verranno sostituiti 3,8 milioni di posti di lavoro.

Non è necessariamente una cattiva notizia, secondo il Polimi, specialmente per l’Italia. Almeno limitandosi a guardare i numeri. Secondo Giovanni Miragliotta, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, nel valutare il reale impatto sul lavoro “bisogna tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro equivalenti entro il 2033. In questa prospettiva, la possibile automazione di 3,8 milioni di posti di lavoro equivalenti appare quasi una necessità per ribilanciare un enorme problema che si sta creando, più che un rischio. Tuttavia, soltanto prestando attenzione alle nuove esigenze dei lavoratori, alla formazione e ad un’equa redistribuzione dei benefici, la società riuscirà a trarre valore dallo sviluppo dell’AI”.

I licenziamenti targati AI, intanto, sono già arrivati. E non solo nelle Big Tech come Google o Meta, che sono probabilmente le aziende che più di tutte sanno già come sfruttare gli algoritmi in ufficio. Recentemente, anche Ups ha annunciato tagli che, oltre a motivi finanziari, potrebbero essere legati anche all’implementazione dell’intelligenza artificiale.

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AI in Italia, i numeri di Amazon e del Polimi

Secondo il Polimi nel 2023 il mercato dell’AI in Italia cresce del 52%, raggiungendo il valore di 760 mln di euro, dopo che già nel 2022 aveva registrato un +32% rispetto all’anno precedente. Ma quanto potrebbe crescere ancora? Per rispondere ‘tanto’ basterebbe considerare che le applicazioni di AI generativa (di cui fanno parte gli Llm alla ChatGpt) non sono ancora quelle su cui le imprese italiane investono di più.

La cifra stratosferica viene fornita da chi conosce abbastanza bene le imprese italiane: secondo un report Amazon (o meglio il suo braccio dedicato ai server, AWS) l’AI potrebbe accrescere l’economia italiana di 329 miliardi di euro, 78 miliardi di euro in più rispetto alle previsioni dello scorso anno.

Questo succederà se l’Italia riuscirà a mantenere i livelli attuali di integrazione dell’AI fino al 2030: nel 2023 sono aumentate del 28% le imprese che adottano l’AI (rispetto a un +32% in Europa).

In cosa si investe in Italia? La rivoluzione ChatGpt è ancora indietro

Ma quali sono i settori in cui l’intelligenza artificiale viene usata di più? Il boom avvenuto nell’ultimo anno non è avvenuto grazie alla grande rivoluzione della Gen AI, di ChatGpt, Llama, Gemini, Midjourney, Anthropic (su cui ha puntato la stessa Amazon) e compagnia.

Secondo il report del Polimi “la gran parte degli investimenti riguarda soluzioni di analisi e interpretazione testi per ricerca semantica, di classificazione, sintesi e spiegazione di documenti o agenti conversazionali tradizionali”. Mentre “sono ancora limitati al 5% (38 milioni di euro) i progetti di Generative AI”.

Non si è ancora iniziato a investire, ma di Generative AI se ne è sicuramente iniziato a parlare: due aziende su tre hanno già discusso internamente delle applicazioni delle Generative AI e tra queste una su quattro ha avviato una sperimentazione (il 17% del totale).

Intelligenza artificiale, gli italiani hanno ancora paura

Secondo lo studio tutti gli italiani hanno sentito parlare di AI, ma c’è una certa confusione: tre italiani su quattro hanno sentito parlare di ChatGPT ma solo il 57% conosce il termine “Intelligenza Artificiale Generativa”. Ben il 77% degli italiani (+4 punti percentuali rispetto al 2022) guarda con timore all’Intelligenza Artificiale, soprattutto in relazione ai possibili impatti sul mondo del lavoro. Ma solo il 17% è contrario a usarla a lavoro.

Numeri praticamente uguali per lo studio di Aws, secondo cui il 75% dei cittadini italiani dichiara un certo livello di preoccupazione rispetto allo sviluppo dell’AI. La perdita di posti di lavoro preoccupa il 48% dei cittadini. Dall’altro lato, tra le aziende intervistate da Aws, l’88% di chi ha integrato l’AI ha aumentato la propria efficienza e il 75% ha migliorato l’esperienza del cliente.

L’AI e i posti di lavoro ‘equivalenti’

Secondo Polimi “gli impatti sul mondo del lavoro saranno molto significativi2. Già oggi, in Italia, l’intelligenza artificiale ha un potenziale di automazione del 50% di “posti di lavoro equivalenti”. Il Polimi ha cioè preso in considerazione “l’equivalente in posti di lavoro della somma del tempo impiegato in singole attività che possono essere affidati alle macchine”. Un impatto ancora ‘in potenza’: il ruolo dell’AI oggi è più di supporto che di vera e propria sostituzione.

“Ma da qui a 10 anni, le nuove capacità delle macchine potrebbero svolgere il lavoro di 3,8 milioni di persone in Italia”, dice il Polimi. Oltre alla considerazione del fatto che una sostituzione del genere avverrebbe nella delicata situazione demografica italiana, dal Polimi si segnala anche come nelle aziende si stia allargando il gap tra chi sa usare l’AI e chi no: “Chi è indietro nel percorso di adozione dell’AI, infatti, non riesce a trarre beneficio delle opportunità della generative AI (nel 77% dei casi)”, evidenzia Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence. Il 90% del mercato dell’intelligenza artificiale in Italia è dovuto alle grandi imprese.

Il resto è suddiviso in modo equilibrato tra PMI e pubblica amministrazione. Guardando alla spesa media in intelligenza artificiale per azienda, ai primi posti Telco-Media e Assicurazioni, seguiti da Energy, Resource & Utility e Banche e Finanza.

Secondo Nicola Gatti, altro direttore dell’Osservatorio, “sono tre le principali criticità che riguardano oggi l’AI: poter garantire che i risultati dei sistemi di AI siano corretti — tipicamente si parla di robustezza —, poter garantire che le decisioni prese siano spiegabili alle persone — tipicamente si parla di explainability —, e certificare che i sistemi di AI rispettino le regolamentazioni Europee e che i rischi potenziali siano mitigati”.

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