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Cineporto, la CineCittà dell’Emilia Romagna

Scarabeo Entertainment è una società di produzione cinematografica fondata da Alessandra Stefani nel 2019 “con l’obiettivo di creare storie coinvolgenti che mettano l’esperienza umana al centro attraverso il documentario”. Con sede a Fiorano Modenese, si pone come punto di riferimento per il settore del cinema e dell’audiovisivo nazionale e internazionale anche grazie al progetto Cineporto dell’Emilia-Romagna, il primo hub privato high-tech per la produzione e post produzione audiovisiva, costruito interamente con criteri di sostenibilità ed efficienza energetica.

Inaugurato il 6 ottobre 2022 dopo aver ospitato la produzione del biopic del regista hollywoodiano Michael Mann su Enzo Ferrari girato a Modena, il Cineporto dell’Emilia Romagna è un hub polifunzionale per la produzione e post produzione di film e documentari, che catalizza in un unico luogo tutto il lavoro strumentale alla produzione. Una sorta di piccola CineCittà della bassapadana.

L’intervista

Stefani, cos’è Cineporto, a chi si rivolge e quali sono gli obiettivi e le ambizioni?

Il Cineporto è un progetto di Scarabeo Entertainment, casa di produzione cinematografica da me fondata nel 2019. Il Cineporto nasce dall’intuizione di una necessità e di una sfida: un luogo che mancava nella regione e nella provincia, un unico spazio che catalizzasse tutto il lavoro delle case di produzione: dal teatro di posa per la creazione di ambienti e scenografie fino all’intero workflow della post-produzione cinematografica. L’ho desiderato e progettato secondo standard di tecnologia altissimi, con una ricerca attenta a quelli che sono gli ultimissimi hardware e software del settore audiovisivo. L’obbiettivo è che diventi un punto di riferimento per i professionisti del settore, accendere un faro in una provincia pulsante come la nostra, che possa avere un riverbero fino all’estero. Ma l’ambizione è anche creare e produrre cultura, ovvero stimoli, talenti, scambi fertili, facendo sì che arte, musica, cinema si intreccino in nome della sperimentazione: è un aspetto fondamentale in questo momento storico. La cultura musicale (soprattutto quella di nicchia) oltre a entrare nei miei film nel senso più strettamente legato alla ricerca e alla sperimentazione del suono, è un elemento centrale anche nella linea editoriale del Cineporto che vuole dar vita a nuovi e insoliti format di eventi e di fruizione.

Quali sinergie con case di produzione nazionali e internazionali possono crearsi e che caratteristiche vantaggiose ha Cineporto?

Le nascenti sinergie con case di produzione nazionali e internazionali sono fondamentali: sono sempre alla ricerca di progetti e realtà produttive interessanti con cui poter collaborare. Scarabeo Entertainment con il Cineporto può entrare in co-produzione e offrire in kind tutte le proprie facilities e servizi: dal teatro di posa al montaggio fino alla correzione colore e al mastering finale (con il personale dedicato). Il vantaggio è avere a portata di mano in un unico luogo tutta la gestione e il controllo del workflow di un film e prodotto audiovisivo.

Quali sono, contemporaneamente, le attività della Scarabeo Entertainment?

Scarabeo Entertainment ha 3 lungometraggi all’attivo, l’ultimo dei quali ha ora intrapreso la sua strada festivaliera. La sua attività è quella di cercare autori, registi emergenti e progetti in sviluppo in cui entrare come produttore maggioritario o minoritario. Mi interessa molto lavorare con l’estero, in particolare con paesi in cui il cinema è in crescita: come ad esempio Grecia, Albania, Bulgaria, Cile, Svezia.

Qual è la sua visione dell’attuale scenario del settore/mercato audiovisivo in Italia?

Credo che il settore sia impegnato a far fronte a una grande crisi, quella del cinema come spazio fisico dove si va sempre meno. Abbiamo visto che negli ultimi mesi è stato fatto un grande sforzo per avvicinare le persone al cinema: grandi registi, da Ken Loach all’esordiente Cortellesi sono scesi nelle sale per presentare i loro film e farne un “evento” a tutti gli effetti. Film come “C’è ancora domani” hanno decisamente scosso la situazione per il numero sbalorditivo di spettatori. Resta il fatto che purtroppo le piccole gemme d’autore, quelle lontane dai grandi riflettori, fatichino invece a circolare e ad avere un proprio spazio dignitoso, al di fuori dei festival.

Si parla molto di “gender equality”. Lei da donna ha vissuto una storia di difficoltà in questo senso o pensa che l’imprenditoria, nel cinema e nell’audiovisivo in particolare, sia più virtuosa rispetto ad altri settori?

Purtroppo vorrei poter dire che sia più virtuosa ma trovo moltissime contraddizioni, pregiudizi e squilibri di genere nell’industria cinematografica. Mi viene da chiedermi, all’opposto, se la situazione sia forse migliore negli altri settori.

Viaggia all’estero e lavora spesso con mercati internazionali. Ci può raccontare, con degli esempi, cosa avviene in alcuni Paesi e quali dibattiti e temi sono particolarmente attuali in questo momento? A quali Paesi, secondo lei, l’Italia dovrebbe guardare come modelli vincenti?

Viaggio da sempre moltissimo e frequento molti festival anche come fruitrice, poiché credo sia fondamentale essere aggiornati per poter fare questo mestiere. Ci sono alcuni aspetti che del cinema estero mi ispirano particolarmente: il coraggio di raccontare alcune storie, senza retorica e patetismi. Ai festival spesso ad essere premiate sono le opere legate ai temi del sociale, ma anche i coming of age, i racconti di formazione. Sarò forse banale e prevedibile ma un modello vincente è per me da sempre la Francia: il valore e la dignità che i francesi attribuiscono al cinema d’autore è sacro e indiscutibile, così come il sostegno economico al settore cinematografico e la fame di storie che spesso non interessano nemmeno al nostro Paese.

Quanto influisce l’industria estera sul linguaggio cinematografico e sulla scelta delle storie che vengono raccontate e premiate?

Credo che l’influenza sia notevole, pensiamo ai nostri generi noir, gangster e al filone sulla mafia quanto successo hanno riscosso all’estero. Il cinema si misura inevitabilmente con la ricezione da parte degli altri Paesi: così si sono delineati dei veri e propri generi predominanti, dei linguaggi e degli schemi “famigliari”. Oltre al già citato favorito e premiato tema del sociale, dall’estero è arrivata anche la contaminazione tra generi, un aspetto che mi interessa moltissimo, e in primis quella tra finzione e documentario. C’è un film che mi ha colpito molto della scorsa edizione della Mostra del cinema di Venezia: “Zielona granica” della polacca Agnieszka Holland, che si è aggiudicato il premio speciale della giuria. Non era l’unico film in concorso a trattare il tema dell’immigrazione e dei corpi che si muovono tra i confini e le barriere. Anche “Io Capitano” di Garrone lo ha fatto seppur raccontando un’immigrazione ben diversa da quella del film polacco. Mi sono chiesta se non sia forse il nostro cinema che ancora non ha il coraggio di rappresentare la realtà e i conflitti con crudezza e rigore senza cadere nell’impianto della favola che scalda i cuori.

Chi è Alessandra Stefani?

È una regista e produttrice emiliana. Dopo aver lavorato per dieci anni come Art Director di un’azienda multinazionale, nel 2018 studia produzione alla New York Film Academy. Dopo alcuni mesi, fonda la casa di produzione cinematografica indipendente Scarabeo Entertainment cominciando a dirigere il suo primo documentario, “The Arch.”, girato in 4 continenti e ora visibile su Sky Arte per la durata di 3 anni.

Nel 2021 dirige il docufilm “La moda del liscio”, tra i progetti vincitori del Bando regionale dell’Emilia-Romagna Film Commission. Ha da poco completato la realizzazione del suo terzo lungometraggio: “Mycelia”, un film sperimentale che unisce documentario osservativo alla favola, la cui distribuzione festivaliera, curata da Première Film, è attualmente in corso.

“Attraverso la mia casa di produzione Scarabeo Entertainment ho una doppia vocazione, crescere nel territorio emiliano e contribuire ad aprire la regione al mondo attirando professionisti e risorse internazionali, valorizzando le spinte creative e l’intelligenza imprenditoriale di donne e uomini capaci di guardare al futuro con uno spirito di curiosità e di voglia di fare”.

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