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Il Commodore 2.0 parla italiano/VIDEO

Mentre si apprestava a scartare il regalo della prima comunione, Luigi Simonetti contava di trovarci dentro un pallone da calcio. Trasecolò di fronte al contenuto di quella scatola colorata: “Non ho capito subito cosa fosse. Assomigliava a una macchina da scrivere”. Era il Commodore VIC-20. Luigi ancora non sapeva che, superata la diffidenza iniziale, questo antesignano dei moderni computer sarebbe diventato un inseparabile compagno di avventure, il filo conduttore della sua vita. “La possibilità di fare programmazione e di giocare ai primi videogame mi dava un fortissimo senso di libertà”, racconta Simonetti, romano, ingegnere delle telecomunicazioni, anche se tutti lo scambiano “per un ingegnere informatico”.

Erano i primi anni ’80 e il Commodore apriva le porte dell’informatica a un’intera generazione, in un momento storico in cui i computer erano molto costosi e perlopiù relegati a un uso professionale. “Computers for the masses”, era solito ripetere Jack Tramiel, fondatore del marchio statunitense. “Commodore è stata un’azienda pionieristica, che ha portato il computer nelle case di tutto il mondo, insegnandoci che la grande tecnologia può essere alla portata di tutti”, ricorda Simonetti.

Dopo aver dominato a lungo il settore dell’hi-tech, la caduta per Commodore è dietro l’angolo. Alcune gestioni imprenditoriali maldestre, unite all’incapacità di adattarsi al cambiamento e alla crescente concorrenza di Microsoft e delle console per i videogiochi, costringono l’azienda a portare i libri in tribunale e a dichiarare bancarotta. La procedura di fallimento va avanti per tre anni, dal 1994 al 1997. I destini di Commodore e Simonetti sembrano legati da un filo invisibile: proprio nel 1997 l’ingegnere romano perde la vista a causa di un incidente. La recupererà da un occhio grazie a un intervento chirurgico, dopo ventisei mesi di buio. “La prima cosa che rividi fu un Commodore 64. Lì nacque il sogno di far rinascere il marchio”.

Dopo oltre vent’anni e vari tentativi di reincarnazione fallimentari da parte di altri imprenditori, Simonetti riporta in vita lo storico brand, per la gioia di appassionati e nostalgici. E per tener fede a una promessa. “La mia passione per il Commodore è cresciuta nel tempo grazie a mia madre che, con enormi sacrifici, mi comprava tutti i modelli che uscivano sul mercato. Era molto affascinata dalle nuove tecnologie e aveva intuito le enormi potenzialità offerte dall’informatica”, racconta Simonetti. “Poco prima che venisse a mancare, nel 2016, le ho promesso che sarei diventato il capo di Commodore è così è stato”.

Nasce così la Commodore Industries Srl, una Pmi innovativa che oggi conta quasi 300 dipendenti, due sedi romane, una a Londra, un’altra a Malta e due distaccamenti in Cina e in Germania. “All’inizio abbiamo giocato parecchio sul sentimentalismo, sull’operazione nostalgia. Ma non ci siamo fermati lì. Abbiamo dato vita a un prodotto in grado di soddisfare anche le esigenze dei più giovani”, spiega il Ceo. “Il nostro cliente ideale è un cliente consapevole, alla ricerca di un prodotto di nicchia e di una soluzione tecnica e personalizzabile”.

Non poteva che essere il laptop il prodotto di punta della Commodore 2.0. “Ciò che contraddistingue i nostri computer sono la potenza di calcolo e soprattutto la scheda grafica. Siamo stati fra i primi a montare le serie 40. Il nostro prodotto è eccellente per chi fa lo sviluppatore o il designer, oppure per chi è appassionato di gaming. L’Orion, in particolare, è quello che ci soddisfa di più: è l’unico ad avere il raffreddamento a liquido sia della CPU che della scheda grafica”.

La strada per recuperare il marchio è stata piena di ostacoli e difficoltà e non può ancora dirsi conclusa. “Abbiamo dovuto recuperare una serie di brevetti. Dobbiamo ancora validare il brand in qualche Paese, fra cui l’Australia, ma siamo a buon punto”. Sono quattro al momento le business unit di Commodore Industries. La più importante è Commodore Engineering, cuore pulsante dell’azienda, dedicata a ingegneria informatica e hardware design. Ma non poteva mancare una divisione legata al gaming, che contribuì enormemente al successo e alla popolarità del marchio.

“In Commodore Sinapsy ci occupiamo di game development e design. Abbiamo realizzato un videogioco ispirato allo storico cartone animato di Grisù, il draghetto che sogna di fare il pompiere. C’è poi la divisione Academy per la formazione e, ultima arrivata, Commodore Digital, finalizzata allo sviluppo delle ultime tecnologie e di soluzioni Itc per il mercato B2B, come i bot per assistere i clienti con l’intelligenza artificiale”.

Cosa c’è nel futuro di Commodore? “Molte cose”, conclude Simonetti. “Sicuramente arriverà una console, nuovi titoli di videogame molto accattivanti e prossimamente i computer che monteranno l’intelligenza artificiale e la 14esima generazione di processori”.

 

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