Non è un caso se negli Stati Uniti Donald Trump e Kamala Harris sembrano molto attenti alle esigenze del mondo crypto: i possessori di criptovalute, in tutto il mondo, sono sempre di più. Anche in Italia: nel primo trimestre del 2024 ammontano a oltre 1,3 milioni gli italiani che detengono cripto-attività presso servizi di portafoglio digitale registrati in Italia. Un valore totale da 2,7 miliardi di euro, aumentato addirittura dell’85% rispetto al quarto trimestre del 2023.
I dati sono stati forniti da Massimo Doria, vice capo dipartimento Circolazione monetaria della Banca d’Italia, in audizione davanti alla commissione Finanze al Senato sul dlgs sui mercati delle cripto-attività.
Va notato come i numeri siano relativi solo a servizi di portafoglio digitale registrati nel nostro Paese. Secondo una ricerca degli Osservatori del Plitecnico di Milano di inizio anno, il numero di italiani possessori di crypto è arrivato a 3,6 milioni di persone.
Secondo la Consob in Italia tra il 2022 e il 2024 è più che raddoppiata la percentuale di persone che hanno criptovalute in portafoglio, dall’8 al 18%. Emerge anche un altro fenomeno: in campo finanziario i social sono la fonte d’informazione primaria per un giovane su due che abbia fra i 18 e i 34 anni (58%), e per il 42% delle donne.
Secondo il rapporto Consob, i social media battono i giornali della carta stampata e del web e si collocano al terzo posto, dopo Internet e Tv, nella graduatoria delle fonti di informazione più usate dalle famiglie italiane per orientarsi nelle scelte di investimento.
L’identikit dell’italiano possessore di criptovalute
Chi è che compra crypto in Italia? Secondo i dati forniti da Doria il 64% ha meno di 40 anni mentre solo il 5% è over 60.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica dei clienti persone giuridiche, la maggior parte si trova nel Nord Italia (49%) e all’estero (31%). Al Centro e al Sud ci sono solo l’11 e l’8% di possessori di criptovalute.
Le crypto nel mondo
Secondo le stime citate da Bankitalia, alla fine dello scorso giugno il complesso delle cripto-attività aveva raggiunto a livello globale una capitalizzazione di mercato ricompresa tra 2,2 e 2,5 trilioni di dollari. Attualmente una piattaforma come CoinGecko parla di una capitalizzaizione da 2.400 miliardi di dollari.
Secondo i dati analizzati dalla Banca d’Italia la quota attribuibile alle cripto-attività non garantite, come per esempio Bitcoin ed Ethereum, è pari a circa il 93% del totale, contro appena il 7% imputabile alle stablecoins quali Tether e Usd coin.
Secondo un’analisi della società Triple A, il numero di possessori di criptovalute è arrivato a 560 milioni nel mondo.
“La detenzione di cripto-attività non garantite è guidata soprattutto da finalità speculative e incorpora rischi molto elevati”, osserva Doria. Studi recenti hanno inoltre mostrato che le cripto-attività si comportano come altre attività finanziarie rischiose e non possono essere quindi paragonate a ‘beni rifugio’, come l’oro, in grado di coprire gli investitori dal rischio d’inflazione o da turbolenze sui mercati finanziari.
Bankitalia ricorda come le piattaforme dove avvengono le transazioni sono spesso “non regolate, opache, prive di un controllo effettivo e presentano quindi un profilo di rischio elevato che, come già avvenuto in passato, può materializzarsi improvvisamente determinando il crollo o l’azzeramento del valore delle cripto-attività e creando in questo modo allarme o panico, minacciando la fiducia nel sistema dei pagamenti e finanziario”. Infine, spiega, “questi prodotti sono spesso utilizzati per finalità illecite, data la loro facilità nel dissimulare la provenienza di fondi e limitarne la tracciabilità”.