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Coronavirus, Inps la fotografia del caos che fa male

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Tra le istantanee peggiori della crisi del Coronavirus resterà il collasso del sito dell’Inps, il 1 aprile. In una serie di schermate impazzite ci sono tutti gli elementi del caos che distrugge la credibilità del sistema pubblico: inefficienza, inadeguatezza, comunicazione sbagliata. Tutto, aggravato da una violazione della privacy che non ha precedenti e da una immagine disintegrata via social dall’hashtag #INPSdown, diventato immediatamente virale.

Doveva essere, il 1 aprile, una data simbolica. Era prevista l’apertura della finestra per presentare le domande e richiedere il bonus da 600 euro previsto dal decreto Cura Italia per i lavoratori autonomi. Una misura particolarmente attesa e dibattuta. Ma il sito dell’Istituto di previdenza è inaccessibile, da subito, e per tutta la mattina. Moltissimi utenti denunciano: stiamo vedendo i profili di altri, accediamo a dati che non sono nostri. Fino a quando, a metà giornata, arriva lo stop. Sul sito appare il messaggio ‘il servizio non è al momento disponibile’ e si ferma ogni operazione. Poco dopo, il messaggio diventa: “Al fine di consentire una migliore e più efficace canalizzazione delle richieste di servizio, il sito è temporaneamente non disponibile. Si assicura che tutti gli aventi diritto potranno utilmente presentare la domanda per l’ottenimento delle prestazioni”. Il presidente dell’Istituto, Pasquale Tridico, spiega: “Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi, e anche stamattina, violenti attacchi hacker. Questa mattina si sono sommati ai molti accessi, che hanno raggiunto le 300 domande al secondo, e il sito non ha retto. Per questo abbiamo ora sospeso il sito”.

Domani il portale ripartirà con orari differenziati a seconda degli utenti: dalle 8.00 alle 16.000 per patronati e consulenti e dalle 16.00 per i cittadini.

È la cronaca di una giornata folle. Che rende difficile, se non impossibile, difendere scelte palesemente sbagliate. Non si poteva non prevedere che, a fronte di una comunicazione frammentata e generica, ci sarebbe stato l’assalto al sito dell’Inps. Così come è altrettanto evidente che se si vuole affidare al digitale il futuro dei rapporti tra la Pubblica amministrazione e gli utenti non si può gridare all’attacco degli hacker per risolvere il problema. Così, la credibilità della cosa pubblica, prima ancora di quella dell’Inps, viene polverizzata.

 

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