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Governo, la strada obbligata del Def ‘inutile’

Nessuno, né al Tesoro ne’ a Palazzo Chigi, avrebbe voluto scrivere e approvare un documento ‘inutile’. Ma i tempi lenti per la formazione del nuovo governo impongono di mettersi in regola con le scandenze europee, presentando, martedì o al più tardi giovedì, un Def senza nessuna pretesa, se non quella di fotografare il quadro tendenziale a legislatura vigente. Ovvero, una tabella che indichi un pil in crescita nel 2018, nonostante i dati poco confortanti arrivati sul primo trimestre, il debito in leggero calo e un rapporto deficit/pil che tende al pareggio di bilancio già nel 2019.

Due delle tre indicazioni, per ragioni diverse, hanno un’attendibilità relativa. Se la crescita e’ sostanzialmente un parametro oggettivo, pur parlando di stime che in quanto tali presentano un margine di discrezionalità (la crescita 2018 dovrebbe essere indicata all’1,6% dopo l’1,5% dell’anno scorso) gli altri due parametri sono evidentemente condizionati dalle scelte di politica economica che si intendono mettere in campo.

Sul fronte dell’ indebitamento, la grande incognita riguarda l’Iva e le clausole di salvaguardia da oltre 30 miliard. Gli aumenti di Iva, e in piccola parte accise, finora disinnescati con precise scelte politiche, restano in vigore per il 2019 e per il 2020. Aumentare le tasse significa per lo Stato incassare di più e quindi raggiungere più velocemente gli obiettivi di pareggio di bilancio concordati con l’Ue. Per questo il quadro a legislazione vigente che il governo si appresta a presentare indicherà un livello di indebitamento prossimo probabilmente allo zero già dal 2019, molto inferiore quindi rispetto a quello su cui si è sempre ragionato finora presupponendo scelte politiche in linea con l’eliminazione delle clausole proprio in deficit. La necessità di intervenire per evitare il rialzo di Iva e accise potrà trovare spazio nel Documento ma avrà il valore di un auspicio, di un suggerimento di buon senso.

Altre variabili consistenti agiscono sul debito. Gli ultimi due governi hanno indicato, senza peraltro raggiungerli, obiettivi ambiziosi sul fronte delle privatizzazioni, con incassi fino allo 0,3% del pil l’anno da destinare al taglio del debito. E’ chiaro che le scelte strategiche del prossimo governo incideranno sull’effettiva capacità di ridurre il peso enorme del debito pubblico.

 

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