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Manovra, Moscovici: non è ‘del popolo’, peserà sul popolo.

Domani la Commissione Europea discuterà le decisioni prese dal governo italiano sulla manovra. E’ arrivata a mezzogiorno puntuale la lettera indirizzata a Pierre Moscovici e Valdis Dombroviskis, dal ministro dell’economia Giovanni Tria. Una lettera in risposta alle osservazioni dell’Ue sui punti della proposta della legge di bilancio che non erano conformi con quanto previsto dalla Commissione.

Per Moscovici la manovra proposta dall’Italia non si può definire una manovra ‘del popolo’ perché in realtà è proprio sul popolo che andrà a gravare. Il commissario Ue è convinto che l’Italia debba puntare sulle infrastrutture per risollevare il paese a lungo termine, mentre il reddito universale rappresenterebbe una soluzione ‘tampone’ che peserà sulle generazioni future. Questo il pensiero espresso da Moscovici ai microfoni di France Inter, questa mattina prima della ricezione della lettera dove il ministro Tria ribadisce una ferma posizione dell’Italia sulla manovra così come presentata in prima battuta. Una premessa, insomma, non delle migliori.

“La Commissione ne dibatterà domani (oggi, ndr) e vedremo qual è la tappa seguente della procedura – afferma Moscovici, parlando della situazione italiana – Conterà anche lo spirito della loro risposta, vale a dire, se si inseriscono o meno nello spirito comune europeo e le regole europee”.

La Commissione Ue boccerà la legge di bilancio presentata da Roma?, chiede il giornalista. “Non mi piace l’espressione bocciare, non possiamo rifiutare un bilancio, in certi casi le parole contano – ribatte Moscovici – il massimo che possiamo fare, ed è una possibilità, ne dibatteremo, è chiedere all’Italia di rimandarci un altra legge di bilancio che tenga conto delle osservazioni, delle domande e delle regole europee”.

Bruxelles “non l’ha mai fatto, sarebbe una prima volta“, ha continuato il commissario, aggiungendo tuttavia che non sarebbe “la fine della storia perché dopo si aprirebbe tra noi una nuova discussione, un dialogo che può durare tre settimane al termine del quale entriamo in un’altra fase”. “Lo spirito in cui sono andato Roma – ha insistito Moscovici – è quello di un dialogo costruttivo. La Commissione europea non vuole una crisi tra Bruxelles e l’Italia“, ma “pensa che il posto dell’Italia sia al centro della zona euro, non all’esterno. L’Italia può fare la propria politica di bilancio, ma rispettando delle regole comuni, come fanno tutti i Paesi da 10 anni”.

“Capisco che in un paese con 6 mln di poveri come l’Italia – spiega Moscovici – il reddito universale è un piano che può piacere, il bisogno di investire in infrastrutture in Italia è assolutamente prioritario. Si può fare una politica che gli italiani decidono liberamente – continua il commissario Ue – sta a loro decidere, non contesto la legittimità del parlamento. Invece, rispettare le regole comuni, come tutti i paesi dell’Unione europea fanno da 10 anni applicando politiche di destra, di sinistra, o altro, è quello che fa sì che si appartenga, tutti, alla zona euro”

Il governo italiano fa previsioni di crescita che “nessun economista fa. Pensano che aumentare la spesa pubblica creerà della crescita, l’opinione della maggioranza degli economisti è che non sarà così”. Il responsabile Ue è poi tornato ad insistere sulla situazione del debito del nostro Paese, “il secondo più importante dopo quello della Grecia”, un “fardello che pesa sulle spalle degli stessi italiani. Questo è il motivo per cui non mi piace l’espressione manovra del popolo – ha insistito – perché quando un popolo è molto indebitato, alla fine sono i cittadini a pagare”.

La manovra del popolo italiana? “Il rischio è che non rilanci affatto la crescita, perché c’è poco investimento in questa politica di rilancio ma anzi che l’affossi. Chi pagherà il debito? Le generazioni future e gli italiani che pagheranno. Ecco perché un bilancio che aumenta il debito non è buono per il popolo. Sono sempre i più vulnerabili che alla fine dovranno pagare”.

La manovra italiana? Se la Commissione europea parla di “deviazione senza precedenti non è certo per il deficit nominale, previsto al 2,4%, ma per il cosiddetto deficit strutturale, quello cioè che è indipendente dalla crescita e che aumenta il debito – e che è troppo troppo elevato. In teoria – ha aggiunto – dovrebbe diminuire dello 0,6% tenendo conto del fatto che l’Italia ha un debito di 130% e invece aumenta dello 0,8%. Quindi, senza voler essere tecnico, c’è uno scarto di quasi 1,5 punti. Una cosa del genere non è mai accaduta da quando esiste il patto di stabilità. Può piacere o no, ma sono le nostre regole comuni”, ha concluso.

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