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Una buona notizia e una pessima conferma. Il Governo ha scelto di tornare indietro, di abbandonare la pretesa di sfidare in campo aperto ogni regola, e di ridurre l’aumento del deficit rispetto al totem del 2,4%. Una decisione giusta, suggerita dai danni fatti in questi mesi, dalla perdita di consenso nel tessuto produttivo del Paese e, soprattutto, da una costante e sempre più decisa moral suasion del Quirinale. Ora la possibilità di evitare la procedura di infrazione Ue è più concreta.

C’è poi la conferma della pessima considerazione che questo governo, e questa maggioranza, hanno dell’intelligenza degli italiani. Pensare che scrivere 2,04 invece di 2,4, affidandosi alla potenza di uno zero, possa aiutare a confondere le acque, a far passare per una correzione formale un cambio di rotta sostanziale, vuol dire mettere nero su bianco che si pensa di avere a che fare con un popolo di sprovveduti, con un livello di comprensione di un bambino che fa la terza elementare. Gli Italiani sono un’altra cosa, qualunque sia la loro posizione politica e il loro livello di gradimento rispetto a questo governo.

A questo punto, la speranza è che a Bruxelles possano fare finta di niente, derubricando un’offesa all’intelligenza di tutti a un ultimo tentativo, in fondo legittimo anche se puerile, di salvare la faccia.

Resta il problema vero: capire quanta parte delle risorse risparmiate possano andare a contribuire a misure che servano al Paese. Le premesse non sono le migliori, ma saranno le correzioni alla manovra a dare la cifra di un ravvedimento arrivato tardi ma comunque da considerare come un primo passo nella direzione giusta.

 

 

 

 

 

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