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Fairbnb, prenotazioni e raccolta fondi per sostenere progetti locali

Airbnb? Un’intuizione geniale. Oggi però ha tradito le sue origini facendo emergere il lato oscuro del turismo. Da qui è nata la nostra idea: rivoluzionare l’homesharing unendo alle prenotazioni una raccolta fondi per sostenere progetti locali”. Emanuele Dal Carlo, veneziano, imprenditore nel campo della comunicazione e della pubblicità con un passato e un presente da attivista, è uno dei co-founder di Fairbnb, nuova piattaforma cooperativa di intermediazione per gli affitti turistici, pronta a sbarcare ad aprile nelle prime 5 città europee: Bologna, Venezia, Amsterdam, Barcellona e Siviglia.

Partiamo dal nome: dal vostro principale competitor, Airbnb, vi distingue una sola “f” che però dovrebbe fare la differenza. Quale?
Noi riteniamo che il mercato degli affitti brevi abbia avuto effetti pesanti soprattutto nelle città che vivono di centri storici, con una forte caratterizzazione culturale e un commercio di prossimità, e che oggi sono trasformate dalla gentrificazione, dallo spopolamento e dal calo degli affitti residenziali. Quello che vogliamo fare è dunque dar vita a un progetto ‘fair’, giusto, equo, in cui cittadini, host e viaggiatori siano ugualmente coinvolti nel processo, stabilendo policy e regole del turismo e distribuendo gli utili a vantaggio della comunità. Nel nostro modello di business il booking non è il fine, ma il mezzo per investire in progetti che limitino gli effetti negativi del turismo e aiutino la residenzialità. Un nuovo concetto di viaggio che riavvicini ospiti e turisti e lasci un segno positivo sui territori.

Come funziona Fairbnb?
La piattaforma è a commissione zero per gli host. Ai viaggiatori invece chiediamo il 15% in più sul booking: metà va a noi per mantenere la struttura, l’altro 50% viene devoluto alla comunità e, nello specifico, al progetto sociale legato all’appartamento in cui si va a soggiornare: un asilo nido, un centro anziani, un orto urbano, visitabili dal turista insieme all’ospite per toccare con mano cosa sta finanziando.

Chi sceglierà i progetti da sostenere?
In questa prima fase siamo noi membri di Fairbnb (un gruppo di urbanisti, imprenditori della comunicazione, pubblicitari, attivisti, innovatori e startupper tra i 25 e i 50 anni, ndr) a scegliere i progetti pilota. Ma presto, grazie a un sistema che stiamo mettendo a punto, saranno i nodi cittadini in maniera autonoma e autogestita ad avanzare e votare idee sociali, sulla residenzialità, l’ambiente, l’ecologia, necessari per la comunità locale.

Quali le regole per gli host?

Vale il principio di ‘una casa, un host’ per scoraggiare gli ospiti commerciali. In alcuni luoghi fortemente stravolti dal turismo, come Venezia, stiamo immaginando regole ancora più stringenti come l’obbligo di residenza di chi affitta. Ma vogliamo mantenere anche una certa flessibilità: in un paesino spopolato dove sono rimasti solo pochi anziani e in cui il turismo potrebbe rappresentare una forza vivificante queste norme così rigide non avrebbero senso.

Airbnb vale oggi 31 miliardi di dollari, conta più di 2 milioni di annunci ed è presente in 191 Paesi. Puntate a fargli concorrenza?

Siamo abbastanza realisti da pensare che non sarà così. Fairbnb è una cooperativa, non particolarmente attrattiva per venture capital o private equity ma crediamo che uno spazio di mercato esista e altro se ne possa rosicchiare all’esistente, non tanto per diventare velocemente mainstream, quanto per tracciare una rotta, mettere a valore la nostra idea di economia circolare e affermare un modello di business con una ricaduta sui territori creando nuova socialità e posti di lavoro. Ci sentiamo come i vegetariani o i vegani di dieci anni fa: tutti li guardavano scettici, ora in ogni supermercato c’è un’area bio o veg.

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