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La produzione ‘indie’ che cresce

C’è chi ha cantato con Fiorello, ballato con Roberto Bolle, si è commosso ascoltando Bocelli e ha ragionato sulla politica e su temi sociali con Celentano. C’è chi ha reso tutto questo possibile, credendo in un mercato di nicchia. Nel settore della produzione televisiva italiana, essere ‘indie’ – come si dice nell’ambiente – ovvero indipendenti, significa di per sé camminare su strade poco battute. A raccontare a Fortune Italia come si muove questo mercato e quali le tendenze per il futuro è Mario Paloschi – 53 anni sulla carta d’identità, da sette è alla guida di Ballandi Arts – e colui cui spetta il compito di portare avanti, con Giuseppe De Pascali ed Eugenio D’Andrea, sotto un unico mantello, i due volti della produzione firmata Ballandi, dopo la tragica scomparsa del fondatore Bibi Ballandi.

La produzione di un programma televisivo ‘originale’, partenza da zero, è qualcosa che manca in Italia? “Sì – spiega Paloschi – Ma ci sono delle ragioni storiche: la televisione italiana, soprattutto per convenienza e comodità, nel tempo ha favorito l’adattamento di format stranieri. Questo ha portato a disabituarsi a dare vita a storie nuove, a meccanismi televisivi inediti. Il risultato è che c’è carenza di figure professionali forti nella costruzione della fase creativa pura di un programma. Abbiamo degli eccellenti adattatori di format, ma pochi creatori originali: mancano buoni sarti”. Ed è proprio questo uno dei gap che Ballandi colma con la sua esperienza. “Noi cuciamo gli show su misura, per questo ci distinguiamo”.

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di febbraio.

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