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Per la svolta elettrica dell’auto servono infrastrutture e incentivi

“Quello che si è palesato a Ginevra è l’anticipazione decennale di un cambio di vision nel settore automotive che oggi guarda, con Stati non ancora pienamente convinti dell’irreversibilità del processo, non più unicamente ad un elettrico di sola nicchia ma ‘diffuso verticalmente’, dall’economica utilitaria alla hypercar, passando per forme evolute di car sharing, ma anche alla guida controllata da intelligenza artificiale”. L’analisi è di Nunzio Bevilacqua, giurista di impresa ed esperto economico internazionale dall’89° Salone dell’Auto di Ginevra. “La sfida sperimentale iniziata con la formula – spiega – ha trovato la sua migliore espressione non solo nel fatto di ‘aver convinto’ firme del calibro di Pininfarina a sdoganare, con la sua Battista, l’elettrico dal mondo supercar, in cui era già presente, a quello hyper, e nella sempre maggiore offerta diversificata negli Hub di E-TRON Audi ed EQ Mercedes per un mercato di fascia medio-alto ma , obiettivo questo forse anche più ambizioso, nell’essere riusciti a surrogare l’elettrico alla combustione, per prezzo ed modalità di utilizzazione, anche per una fascia ‘popolarmente accessibile’ e al car sharing”.

“Questa corsa contro il tempo – prosegue l’esperto – ha mostrato a Ginevra alcuni traguardi cruciali nel settore tra cui il contenimento del prezzo, l’aumento di efficienza batterie in termini di riduzione peso, aumento d’autonomia e velocità di ricarica come nell’Italiana DR3 EV, l’integrazione tra elettrico e solare come nell’avveniristica ipercompatta tedesca SVEN, probabilmente nuovo modo di intendere, in un futuro prossimo, non solo il mercato car sharing ma anche quello di un trasporto taxi smart”.

Alla velocità dell’evoluzione industriale non corrisponde però un adeguato sviluppo delle infrastrutture. “Se il mercato auto sembrerebbe, per mole di investimenti e qualità di ricerca, aver puntato sul proseguimento e forse anche su di una accelerazione di questa ‘svolta elettrica’, Stati come l’Italia dovrebbero coadiuvare il processo di cambiamento della mobilità, e del conseguente parco, con una vera e propria ‘programmazione generazionale’ che veda nell’incentivo il positivo incipit ma che si dispieghi in investimenti infrastrutturali di rete, che vadano dalla capillarità del rifornimento elettrico alla sua velocità, passando, per evitare ‘impatti occupazionali’, per una formazione professionale ed eventuale ‘riconversione’ prioritaria del personale meccanico convenzionale ma anche di quello della distribuzione idrocarburi con eventuali prelazioni su infrastrutture mutate da erogazione fossile a quella elettrica”, suggerisce Bevilacqua.

Non solo. Diventa “necessaria la tecnologia 5G” e in Paesi come l’Italia serve agire anche sul ‘costo fiscale’ che, “benché in futuro, potrebbe dover ripagare in parte le infrastrutture di rete e compensare la perdita di gettito da accise sul carburante, non risulti sproporzionato nell’erogazione di elettricità da trazione, andando, in questo modo, ad erodere quasi tutta la convenienza economica per i cittadini”.

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