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Donne, famiglie e sostenibilità: i Cda italiani secondo la Consob

Sostenibilità, donne manager, famiglie al comando. Sono i tre elementi principali che emergono dalla presentazione del rapporto della Consob sulla corporate governance delle Spa italiane. Oltre a raccontare come sono fatti, attualmente, i cda, il Presidente vicario della Consob Anna Genovese ha approfittato delle manifestazioni sul clima del 15 marzo per ricordare come dovrebbero essere: “se alcuni temi sono cruciali per il Pianeta e per la coesione sociale, devono entrare anche nelle agende di chi gestisce grandi imprese azionarie”, “ce lo chiedono anche i tanti giovani scesi in piazza lo scorso 15 marzo”.

Sostenibilità

Genovese parla di un “epocale cambio di prospettiva riguardo ciò che, nel XXI secolo, la società civile si aspetta dalle grandi imprese azionarie”. “Ciascuno nel proprio ruolo non può non essere all’altezza di queste attese”. Nel 2017 secondo il Fondo Monetario Internazionale, “mettendo a confronto bilanci pubblici e fatturati delle imprese, tra le prime cento entità economiche a livello mondiale si annoverano ben 65 multinazionali e solo 35 Stati sovrani”, ricorda il presidente vicario Consob continuando il suo intervento.”Se questi sono i numeri, e se si accetta che le fondamentali questioni da affrontare riguardino ‘come’, ‘per chi’ e ‘secondo quale modello’ tali imprese creano valore, allora è anche da riconsiderare il paradigma intorno al quale si sono considerati, sin qui, i presidi di corporate governance”.

Donne e età media

A giugno 2018, secondo il rapporto Consob, la percentuale di donne nei cda delle società quotate italiane era del 36% (in tutto 809), registrando così ”i massimi storici” dopo l’applicazione della Legge Golfo-Mosca del 2011, che impone quote di genere negli organismi societari. Nel 2010 erano il 6,8% (182). In calo il numero di amministratrici delegate: erano 13 nel 2013, sono salite a 16 nel 2015 e a 17 nel 2017. Ma nel 2018 sono scese a 14, in società che rappresentano meno del 2% del mercato totale capitalizzazione. La presenza delle donne nel board risulta più pronunciata nelle grandi aziende e nel settore dei servizi. Alla maggiore partecipazione femminile si associa una riduzione dell’età media dei consiglieri e un aumento del numero di laureati. Per quel che riguarda l’età degli amministratori, quella media è di 57 anni, con i consiglieri più anziani delle società Ftse Mib e del settore finanziario (58) e quelli più giovani nelle società di minori dimensioni (55). La presenza di stranieri rimane bassa: 10% nelle grandi aziende e 5% nel settore finanziario.

Il dominio delle famiglie

Alla fine del 2017, si legge ancora nel rapporto Consob, 177 delle 231 società quotate (il 77%) erano controllate da un singolo azionista, mentre per 22 imprese (19%) la direzione era affidata a più azionisti aderenti a un patto parasociale. Il dato è comunque in calo: nel 2010 erano 181 le prime e 51 le seconde. Il modello di controllo prevalente continua a essere quello familiare, presente in 145 società. La quota media detenuta dal principale azionista è pari al 47,7%, contro il 46,2% del 2010. In media il mercato detiene una quota di capitale del 40%. Lo Stato è azionista di riferimento in 23 imprese di dimensioni elevate, che rappresentano il 34% della capitalizzazione di mercato. Nelle società controllate dallo Stato o da un istituto finanziario, i manager sono tendenzialmente più giovani e istruiti della media e nei cda le donne sono più rappresentate. Il 26% delle società conta almeno un investitore istituzionale nell’azionariato rilevante. Il dato è in calo rispetto al 2010: alla riduzione della presenza di investitori istituzionali italiani, si contrappone l’aumento della presenza di quelli esteri.

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