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Il Black mirror cinese, basato sulla sorveglianza

di Clay Chandler – Il South China Morning Post di martedì presenta un profilo straziante di David Kong, uno degli oltre 13 milioni di cittadini cinesi ufficialmente designati come “individui screditati”. Nel 2015 dopo che la sua impresa editoriale è crollata e non è riuscito a ripagare debiti per circa 240mila dollari, Kong è stato marchiato come uno ‘scroccone’ e il suo nome è entrato in una blacklist pubblica conservata dalla Corte Suprema. Lo status di “screditato” scoraggia i potenziali datori di lavoro e rende impossibile per Kong prendere in prestito denaro. Lo esclude anche dai viaggi aerei e lo costringe a comprare la classe più economica di posti quando viaggia in treno.

La Cina ha creato l’elenco “screditati” nel 2013. Fino alla fine dello scorso anno, i tribunali cinesi hanno impedito ai cittadini “inaffidabili” di prendere più di 17 milioni di voli e 5 milioni di viaggi in treno ad alta velocità, secondo un recente rapporto del National Public Credit Information Centre. Ricorda un po’ troppo la visione distopica offerta da un episodio del 2016 della serie Black Mirror, in cui il personaggio interpretato da Bryce Dallas Howard viene emarginato dalla società man mano che il suo punteggio personale va sempre più in picchiata.

Tutti i sistemi sociali impongono punizioni legali e sociali a coloro che sfuggono ai propri debiti. Ma ciò che preoccupa molti osservatori occidentali è che la “lista screditati” della Cina è parte di un “sistema di credito sociale” molto più ampio che mira a monitorare e controllare i comportamenti di ogni tipo – e fa sempre più affidamento sulle capacità di sorveglianza delle società tecnologiche private della nazione.

Nell’ultimo decennio, Pechino ha sperimentato programmi pilota di ‘punteggio sociale’ in dozzine di città. I primi risultati non erano promettenti. Ma grazie ai progressi delle società di tecnologia private – tra cui le affiliate di Alibaba Group, Ant Financial e Megvii; la startup dell’AI di Pechino SenseTime Group; iFlyTech, quotata a Shenzhen – la capacità dello stato di raccogliere e analizzare dati sul comportamento individuale sta recuperando le sue ambizioni iniziali.

Un sorprendente (per me comunque) numero di corrispondenti occidentali ha cercato di dimostrare che le preoccupazioni esterne sul sistema di punteggio del credito sociale cinese sono “esagerate”. John Artman di TechNode, in un saggio intitolato “Come ho imparato a smettere di preoccuparmi e ad amare il capitalismo della sorveglianza”, sostiene che, anche se il governo cinese potrebbe essere considerato molto più esplicito sul suo sostegno al ‘capitalismo della sorveglianza’ rispetto agli Stati Uniti, le aziende tecnologiche cinesi – almeno finora – sono molto meno avanzate di Google o Facebook, nell’utilizzo dei dati raccolti per prevedere e manipolare il comportamento degli utenti. Simina Mistreanu, con sede a Pechino, ha sostenuto recentemente sul Washington Post che la maggior parte dei cinesi ama l’idea di un sistema di credit scoring sociale perché pensano che significhi nuove comodità, e comunque in Cina nel suo complesso è improbabile che un tale sistema si “trasformi in qualcosa di simile allo stato di sorveglianza attualmente in atto nella provincia occidentale dello Xinjiang”.

Una lode piuttosto debole.

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