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Da Cernobbio a Cernobbio, il gelo fra imprenditori e governo

Da Cernobbio, a Cernobbio. Sono passati sette mesi esatti dal Forum Ambrosetti di settembre, quando al vicepremier Matteo Salvini una platea di imprenditori, manager e banchieri concedeva una sostanziale apertura di credito. Gli applausi a fine estate denotavano tutto l’interesse del ‘tessuto produttivo’ di andare a vedere le carte in mano al governo giallo-verde. Salvini aveva apprezzato, promettendo stabilità per tutta la legislatura.

Poi ci sono state le fughe in avanti sul deficit e la corsa dello spread, una manovra corretta in extremis, dopo lo scontro con l’Europa, e le continue tensioni nell’asse Lega-Cinquestelle. Soprattutto, c’è stato il crollo di tutti gli indicatori economici, a partire dal pil, con un nuovo ingresso in recessione.

Oggi, sicuramente, il clima è cambiato. Al Forum Ambrosetti di Primavera, Salvini non c’e’ andato. E gli imprenditori, sempre a Cernobbio, hanno bocciato senza appello il governo. Nella giornata conclusiva del Workshop Ambrosetti, 164 partecipanti su 200, pari all’82% dei partecipanti al tele-voto che si svolge regolarmente in ciascuna delle sessioni del convegno, ha dato parere negativo all’operato del governo.

Un segnale chiaro della frattura che si è prodotta fra le forze produttive e l’alleanza giallo-verde. Anche considerando l’abituale cautela nel giudizio del parterre di Villa d’Este. L’anno scorso, con il governo Gentiloni in scadenza, l’azione di governo era considerata positiva dal 66,3% della platea.

La retorica contro i poteri forti può essere sempre utilizzata, soprattutto in casa Cinquestelle, per prendere le distanze da un risultato del genere. Ma in casa Lega, con le europee sempre più vicine, suona un campanello d’allarme che conferma il rischio di incrinare definitivamente il rapporto con una parte del proprio tradizionale bacino elettorale, quello fatto di piccoli e medi imprenditori del Nord. Non a caso, gli ultimi giorni sono stati segnati dal tentativo di Salvini e del gruppo dirigente leghista di veicolare un messaggio sempre più netto: sono i no dei Cinquestelle a frenare la politica economica e non si possono più rimandare misure capaci di sostenere la crescita e far ripartire gli investimenti.

Manca un mese e mezzo alle elezioni e il consenso del mondo delle imprese è uno dei fattori che può contribuire a spostare gli equilibri. Salvini lo sa e lo scontro con Di Maio nelle prossime settimane sembra destinato a crescere di intensità. Fino all’ultimo giorno utile.

 

 

 

 

 

 

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