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Almeno 12 mld per la flat tax, M5s punta su famiglia

di Francesca Paggio – Flat tax, ma non solo. Si apre una settimana calda sul fronte dei conti pubblici e dei principali dossier economici che giacciono sul tavolo del governo. Rimborsi per i crac bancari, Def, dati Istat, l’importante appuntamento internazionale del Fmi, il lavoro di messa a punto sui decreti approvati ‘salvo intese’ dal Consiglio dei ministri (crescita e sblocca-cantieri). La carne al fuoco, insomma, non manca.

Il tema più caldo, in vista del varo del Def in programma martedì, di cui si discuterà in una riunione già oggi, è quello della flat tax per le famiglie. La Lega mantiene fermo il punto perché si inserisca la riforma fiscale già nel Documento di economia e finanza, anche se il ministro dell’Economia Giovanni Tria da Bucarest aveva spiegato che la riforma sarà nella “manovra di settembre”. Il leghista Armando Siri, che esclude i tre scaglioni avanzati da indiscrezioni di stampa, ricorda però che “la manovra è figlia del Def”. La cifra necessaria, in ogni caso, non è di poco conto: in caso di aliquota al 15% fino a 50mila euro di reddito secondo Siri ci vogliono 12-13 miliardi, anche se una simulazione del Mef delle scorse settimane arrivava a calcolare la cifra monstre di 59 miliardi per un intervento complessivo.

Il M5s, pur riconoscendo che la misura è presente nel contratto di governo, sembra piuttosto puntare, per il momento, ad altre facilitazioni fiscali. Luigi Di Maio ha più volte ribadito la necessità di avviare incentivi economici per la famiglia sul “modello Francia”: spazio quindi, già dal Def, al 50% di sconto sui pannolini, al 50% sulle spese per la baby sitter e a un coefficiente famigliare che si abbatte a seconda del numero dei figli. Un altro esponente del Movimento, Luigi Gallo, dice addirittura: “13 miliardi per la Flat Tax? Non scherziamo!” e illustra la necessità di finanziamenti per scuola e università, anch’essi presenti nel contratto di governo.

Ma l’appuntamento clou del Consiglio dei ministri di martedì sarà preceduto da un altro incontro decisivo: a palazzo Chigi oggi il premier Giuseppe Conte e Tria vedranno le associazioni dei risparmiatori coinvolti nei crac bancari. La fibrillazione è massima e la soluzione non sarebbe ancora stata individuata al 100%. Se Conte riuscirà a trovare la quadratura del cerchio e strappare l’accordo con le associazioni, che si presentano al tavolo divise tra chi vuole ‘tutto e subito’ e chi, come il Codacons, punta ad avvantaggiare coloro che hanno un reddito inferiore ai 35mila euro, la relativa norma dovrebbe essere messa nero su bianco proprio nel Cdm.

Tornando al Def, l’attesa è naturalmente per le nuove stime sul Pil (l’orientamento sarebbe tagliare la precedente previsione dall’1% allo 0,1%-0,2%), sul deficit, che potrebbe salire al 2,4% ‘grazie’ alla congiuntura negativa e sul debito, che con una crescita allo 0,2% salirebbe al 132,6% nel 2019 rispetto al 132,1% segnato alla fine del 2018. Su questo fronte pende però anche l’aggiornamento dell’Istat previsto sempre per martedì 9, quando l’istituto rivedrà le intere stime, inglobando nel perimetro della p.a. soggetti finora esclusi: da Invitalia a Rfi, dall’Acquirente unico a Ferrovie Nord. Le decisioni del governo, comunque, finiranno sotto la lente delle principali istituzioni finanziarie internazionali nei giorni immediatamente seguenti: giovedì si apre il meeting di primavera del Fmi e Tria potrà toccare con mano le reazioni che il Def susciterà.

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