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Def, Bankitalia: per evitare aumento Iva servono le coperture

La strada del Def è piena di ostacoli, secondo Bankitalia. “Il raggiungimento degli obiettivi richiederà l’individuazione di coperture di notevole entità, nel caso si voglia evitare l’attivazione delle clausole” Iva, “aumentare la spesa per investimenti, avviare una graduale riduzione della pressione fiscale, rafforzare gli incentivi all’investimento e all’innovazione: queste misure, se non compensate da razionalizzazioni” di altre spese e “da effettivi risultati nel contrasto all’evasione, condurrebbero ad aumenti del disavanzo non compatibili con l’avvio di un credibile percorso di riduzione duratura del peso del debito”. A dirlo è il capo del dipartimento di economia e statistica della Banca d’Italia Eugenio Gaiotti nell’audizione sul Def davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.

Il Def , che poggia su basi condivisibili – “lo scenario macroeconomico presentato nel Def tiene conto in modo realistico della congiuntura” – è comunque soggetto a rischi rilevanti, “che possono provenire da un peggioramento del contesto globale e da un più accentuato deterioramento della fiducia delle imprese”.

“È condivisibile l’intenzione di non ricorrere ad ulteriore indebitamento per approvare una riforma” fiscale, ha detto Gaiotti in audizione ricordando che il governo punta a una riduzione delle tasse sul ceto medio finanziato “con una revisione complessiva delle agevolazioni fiscali”. Riduzioni del carico fiscale “sul lavoro, se non compensate da razionalizzazioni della spesa o delle cosiddette ‘spese fiscali’, condurrebbero ad aumenti del disavanzo non compatibili con la riduzione del peso del debito pubblico”.

Senza gli aumenti automatici dell’Iva, previsti a legislazione vigente, “il disavanzo si collocherebbe meccanicamente al 3,4% del prodotto nel 2020, al 3,3% nel 2021 e al 3% nel 2022”, ha detto il capo economista di Bankitalia. Il Documento “rimanda alla prossima legge di bilancio la definizione di ‘misure alternative di copertura’”, tuttavia “non fornisce informazioni di dettaglio”.

La Banca d’Italia ritiene “in linea con le nostre previsioni” la considerazione, fatta nel Def, secondo cui l’elevato livello dello spread inciderà negativamente, e in misura crescente, sulla crescita negli anni successivi al 2019. Via Nazionale – ha ricordato il capo economista – stima che un aumento permanente dello spread pari a 100 punti base, come quello attuale, riduce la crescita di “0,1 punti percentuali dopo un anno e a 0,7 dopo tre”. Uno dei fattori per far calare lo ‘spread’ dei titoli di Stato italiani rispetto al benchmark tedesco è “certamente la crescita”, l’altro è “dando un messaggio credibile di riduzione del debito pubblico”. “Altri Paesi dell’Eurozona, come il Portogallo – ha detto Gaiotti – che hanno livelli del debito non troppo diversi da quello italiano, avevano spread più elevati e attualmente hanno livelli più bassi”.

 

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