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Il peso della contraffazione in Italia

Secondo il rapporto sulle politiche anticontraffazione 2017, elaborato dall’osservatorio nazionale sulla contraffazione del Mise, in Italia nel solo 2015 il fatturato totale della filiera del falso è stato pari a 6,9 mld di euro. Si tratta di un fenomeno critico per l’intero Paese, tale da sottrarre al sistema Italia circa 18,5 mld di euro di produzione, 6,7 mld di valore aggiunto, 5,7 mld di entrate erariali e 100mila posti di lavoro. Per di più, la contraffazione si presenta come un fenomeno liquido: il settore risulta in grado di mantenere i volumi di mercato modificando le proprie strategie di elusione dei controlli, adattandosi alla domanda e diversificando i canali di vendita. Mario Peserico, presidente di Indicam (istituto di Centromarca per la lotta alla contraffazione) traccia un quadro dell’attuale panorama italiano tra criticità e possibili scenari di miglioramento.

Che tipo di realtà rappresenta Indicam in Italia?

Indicam, nata nel 1987 per la tutela dei diritti di proprietà industriale e il contrasto al mercato della contraffazione, oggi è sempre di più l’associazione di riferimento per l’elaborazione di linee guida e modelli innovativi che possano permettere una più efficace attività anticontraffazione e un migliore utilizzo degli strumenti a tutela della proprietà intellettuale. Indicam oggi ha come associate più di 140 aziende dei settori più vari – dal fashion al design all’alimentare – aziende che rappresentano circa il 2,5% del Pil italiano. Ma l’associazione lavora sempre di più anche nei settori della formazione e della sensibilizzazione nei confronti delle istituzioni, delle forze dell’ordine, delle aziende e dei cittadini in generale, perché la vera lotta al mercato illegale passa necessariamente dal grado di awareness di ciascun portatore di interesse.

Il 23 ed il 26 aprile saranno celebrate rispettivamente la giornata del diritto d’autore e la giornata mondiale della proprietà intellettuale. Come si presenta il panorama italiano su questi due temi?

In materia di diritto d’autore e proprietà intellettuale il panorama nel nostro Paese è inevitabilmente caratterizzato dal dibattito sugli ultimi sviluppi avvenuti in sede europea, dopo l’approvazione da parte del Parlamento europeo della nuova direttiva sul copyright avvenuta lo scorso 26 marzo. Le novità in materia copyright, sebbene rese più blande nella versione approvata dal Parlamento Europeo, riconoscendo una responsabilità in capo agli intermediari digitali sui contenuti online costituiscono in ogni caso un importante successo, anche per l’industria di prodotti fisici. C’è ora da sperare che la legge nazionale di recepimento vada nella medesima direzione indicata dalla direttiva, senza stravolgimenti o espressioni di indulgenza cui i colossi del web potrebbero approfittare.

In Italia, inoltre, il 44% del Pil è generato da aziende ad alta intensità di proprietà intellettuale, siamo un Paese che ha nel suo tessuto produttivo e imprenditoriale numerose realtà, dalle più grandi imprese ai piccoli artigiani, che fanno della creatività il proprio mestiere, un valore riconosciuto in tutto il mondo che deve essere tutelato nel migliore dei modi. Speriamo che le due date, il 23 e il 26 aprile, siano un’occasione non solo per riportare l’attenzione su temi quanto mai attuali ma anche per avviare o proseguire una riflessione, da parte di tutti gli attori coinvolti, profonda e responsabile sul valore della proprietà intellettuale e sulla sua necessaria tutela.

Parliamo di numeri. Quanto è diffuso oggi in Italia il fenomeno della contraffazione? E quanto invece a livello UE e mondiale?

Dall’ultimo rapporto reso disponibile a marzo da Euipo e Ocse sul trend, riferito al 2016, del commercio di merci contraffatte, è emerso come in Italia il valore delle merci false scambiate avrebbe raggiunto i 12,4 mld di euro, mentre 6,5 mld di euro sarebbero finiti nelle casse delle organizzazioni criminali secondo gli studi del Censis svolti congiuntamente al ministero dello Sviluppo economico. Considerando sempre i dati Euipo-Ocse, la situazione non è meno allarmante se si allarga lo sguardo all’Europa, dove in un anno sarebbero stati importati prodotti contraffatti per oltre 120 miliardi di euro, un valore di 35 miliardi superiore a quanto stimato tre anni prima. A livello mondiale, invece, il valore dei beni falsi commercializzati avrebbe raggiunto quota 460 miliardi di euro, pari al 3,3% del commercio globale.

Quanto pesa invece sulle imprese, e sul sistema Italia in generale, il business della falsificazione?

Dallo stesso rapporto è emerso che l’Italia è il terzo tra i Paesi al mondo più colpiti dal fenomeno, dopo Stati Uniti e Francia: il 15,1% del valore dei beni sequestrati contraffatti a livello mondiale è stato a danno di marchi registrati in Italia. Un dato che rende sicuramente l’idea della perdita notevole per le imprese italiane, per tutte quelle piccole realtà in particolare nel settore dell’artigianato, il cui valore si trova proprio nell’originalità e nell’autenticità dei prodotti e che rischiano di essere distrutte e messe fuori mercato proprio dalla contraffazione. Si consideri, inoltre, che la stima di mancato gettito tributario causato dalla contraffazione in Italia è pari a 10,3 miliardi di euro (di cui 4,3 miliardi di euro persi per il mancato pagamento dell’Iva), una cifra che equivale al 3,2% del totale delle tasse riscosse e allo 0,62% del Pil italiano. Cifre certamente allarmanti.

Immagino che il fenomeno della contraffazione si rifletta in negativo anche sull’occupazione.

Assolutamente sì. Se si pensa che il 30% dei lavoratori italiani è occupato in aziende ad alta intensità di proprietà intellettuale, è facile immaginare la portata del danno. A causa della contraffazione, infatti, in Italia nel 2016 si stima siano stati persi 88.000 posti di lavoro, un dato che equivale al 2,1% del totale dei lavoratori impiegati nei settori colpiti dal fenomeno.

Quali potrebbero essere i possibili strumenti per arginare il fenomeno e tutelare la proprietà intellettuale?

La contraffazione deve necessariamente essere attaccata su più fronti. Il contrasto a questo fenomeno deve rientrare tra le priorità del legislatore, perché siano elaborati degli strumenti normativi più efficaci per prevenire e arginare le violazioni di proprietà intellettuale, spesso considerate illeciti di serie B. A livello europeo, a fronte del crescente volume di merci circolanti e dell’aumento di piccole spedizioni più difficili da intercettare, sarebbe necessaria una maggior condivisione di dati e informazioni tra agenzie di enforcement ma anche tra operatori di sicurezza e titolari di diritto, di modo da agevolare i processi di accertamento sui beni in transito. Guardando invece ai Paesi terzi, bisognerebbe stabilire canali diretti di dialogo per realizzare una maggior pressione sugli Stati meno sensibili a tali temi ma da cui ha origine il maggior numero di prodotti falsi. Considerando, poi, che ci si sta sempre più muovendo verso un mercato digitale, la tutela della proprietà intellettuale passa anche attraverso un’opera di responsabilizzazione degli intermediari online, affinché effettuino maggiori controlli su quanto venduto sulle loro piattaforme. Fondamentale è inoltre coinvolgere e sensibilizzare sul tema della contraffazione anche coloro che si occupano del trasporto delle merci, sia esso via mare, via gomma, via aereo, tramite servizi postali e corrieri. Infine, la scelta dei consumatori di comprare originale può fare davvero la differenza. È dunque importante informare efficacemente l’utente finale sui rischi e le conseguenze derivanti dall’acquisto di prodotti contraffatti, non solo per l’economia legale ma anche per la propria salute e sicurezza.

In tema UE, potrebbe essere necessario magari un maggiore coordinamento tra le dogane dei diversi Paesi?

Assolutamente sì. Se si pensa che il 6,8% dei beni entrati nell’Unione Europea nel 2016, per un valore di 121 miliardi di euro, è falso, appare chiaro come il problema della contraffazione riguardi tutti i Paesi dell’UE. Infatti, per come è strutturato il sistema europeo, la svista di un doganiere francese o tedesco ricade inevitabilmente anche sul mercato italiano e non solo. Una maggiore collaborazione tra le dogane dei diversi Paesi, in particolare dell’UE, renderebbe più efficace l’intero sistema di controllo e non permetterebbe l’infiltrarsi di prodotti contraffatti all’interno delle nostre frontiere. Un cambio di passo e una collaborazione più efficace sono rese necessarie anche dall’evoluzione del traffico stesso delle merci contraffatte, che non avviene più soltanto attraverso i metodi tradizionali, con grandi carichi di container voluminosi per intenderci, ma si sviluppa per lo più attraverso la circolazione di piccole quantità di articoli contraffatti, con spedizioni più numerose ma ridotte per voluminosità e quindi più difficili da intercettare.

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