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No a ‘petrolio’ e ‘gas’ nel nome: il rebranding sostenibile dell’energia

Di Katherine Dunn – Quando l’azienda energetica di Stato della Danimarca ha cambiato nome nel 2017, quasi tutti gli attori coinvolti erano convinti che fosse giunto il momento, visto che la sigla scelta non era granché: dopotutto si chiamava DONG Energy, ovvero Danish Oil and Natural Gas. Il rinnovamento è stato anche parte della strategia d’uscita dal business del petrolio e del gas per buttarsi sull’eolico offshore, dove la compagnia è diventata leader mondiale. Ma cambiare il nome in quello, difficile da pronunciare, di Ørsted (come uno dei più noti scienziati del paese) si è rivelata una scelta più problematica di quanto immaginato.

Altre società energetiche in Europa che hanno fatto la stessa cosa hanno subito l’accusa di ‘greenwashing’, di grattare via i combustibili fossili dall’immagine del brand senza fare lo stesso con il business vero e proprio. Se Ørsted è riuscita ad evitare questo tipo di accuse, ha comunque affrontato delle critiche: da parte della stessa famiglia di Ørsted.

Venerdì scorso la compagnia energetica ha vinto una battaglia legale per mantenere il nome di Ørsted portato da sette discendenti di Hans Christian Ørsted, lo scienziato che ha scoperto l’elettromagnetismo.

I membri della famiglia hanno depositato la causa nel gennaio 2018, opponendosi alla scelta del nome della società. Sostenevano che il nome Ørsted fosse abbastanza raro (e significativo) da essere off-limits. Il giudice non è stato d’accordo; va notato che circa 1.200 persone in Danimarca si chiamano Ørsted, inclusa la pop star MØ. È interessante notare che la società affrontò un problema simile, anche se meno grave, nella scelta del nome precedente: la famiglia Dong di Valby, in Danimarca, non fu entusiasta della scelta di allora, anche se non intraprese alcuna azione legale.

La storia di Ørsted si distingue per le sue conseguenze legali, ma nel mondo dell’energia, è solo un’altra società che cambia nome per eliminare parole come “petrolio” o “gas” dal brand. L’azienda energetica di Stato norvegese, ad esempio, ha cambiato il suo nome da Statoil a Equinor l’anno scorso. La società dice che il cambiamento riflette il passaggio del paese dall’estrazione del petrolio alle energie rinnovabili, ma è stata accusata di aver fatto uno sforzo di rebranding per apparire più ‘verde’ di quanto non sia in realtà.

E ci sono altri esempi: la Neste finlandese ha cancellato il termine ‘oil’ da ‘Neste Oil’ nel 2015 , lo stesso anno in cui, in Francia, GDF Suez (Gaz de France) ha cambiato nome in Engie.

Cambiamenti che hanno presentato al mercato immagini nuove, spesso più ‘sostenibili’, una scelta non insolita per le società energetiche, ormai. Questa era anche la ragione ufficiale dietro il rebranding di Ørsted: la società è diventata il più grande produttore al mondo di energia eolica offshore. Lo stato danese ha una partecipazione azionaria del 50,1%. Ma anche l’imbarazzo ‘internazionale’ ha avuto un ruolo: ‘DONG’, termine innocuo in Danimarca, tende ad avere un significato diverso tra gli anglofoni. Nel frattempo, il dibattito sul nuovo nome della compagnia non è del tutto risolto: la sentenza Ørsted contro Ørsted potrebbe essere impugnata, secondo quanto detto a Fortune.com dall’avvocato della famiglia, Jens Jakob Bugge. Se fosse così, ha detto, il caso potrebbe finire davanti alla Corte Suprema danese.

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