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Dolce & Gabbana ancora boicottato in Cina

Ormai sono passati mesi ma la ferita ancora non sembra essersi rimarginata. Il brand del lusso italiano Dolce & Gabbana continua ad essere escluso dal mercato cinese, in seguito allo “scivolone” nella comunicazione di alcuni spot lo scorso novembre, che avevano come protagonista una modella cinese, e come target il Paese rosso. Ancora oggi i maggiori siti di eCommerce cinesi non vendono alcun tipo di prodotto riconducibile alla griffe: basta fare un giro su TMall o su JoyBuy per rendersene conto. Non solo: il ban cinese sembra che abbia condizionato anche molte star di Hollywood ed influencer che sui red carpet e alle ultime sfilate di Milano e Parigi hanno preferito farsi fotografare in abiti di altri stilisti. Dunque, sembra che negli ultimi mesi ci sia “un’ombra” su Dolce & Gabbana che travalica i confini cinesi e insegna due cose: innanzitutto l’importanza di non prendere alla leggera i social media e poi quanto il boicottaggio di una delle più grandi economie emergenti del mondo possa pesare anche su una azienda affermata.

Ripercorriamo i fatti: nel novembre 2018 il brand Dolce & Gabbana ha diffuso un paio di spot pubblicitari in cui appariva una modella che tentava di mangiare gli spaghetti, i cannoli siciliani e la pizza usando le bacchette, con una voce fuoricampo che ironizzava sulla ragazza impacciata. I video avrebbero dovuto lanciare una grande sfilata che si stava organizzando a Shangai e che in seguito alle polemiche suscitate dai video, considerati altamente denigratori, è stata cancellata. Non è tutto: interpellato sui social sulla faccenda, Stefano Gabbana ha risposto ad alcuni messaggi privati sul suo profilo personale Instagram insultando pesantemente il popolo cinese e le sue tradizioni. Gli screenshot dei messaggi sono stati resi pubblici, avviando di fatto il totale black out di Dolce & Gabbana in Cina. I due stilisti all’inizio hanno detto che i messaggi erano stati inviati da un hacker che era entrato illegalmente nell’account di Gabbana, ma la scusa non è parsa credibile. Invasi da una valanga di polemiche, i due stilisti si sono poi scusati ufficialmente con il popolo cinese attraverso un video.

Ma le scuse a quanto pare non sono bastate, nemmeno a mesi di distanza: siti come il colosso di Alibaba TMall o JB.com non hanno mai più reintrodotto nei propri eCommerce i prodotti della firma italiana, che non si trovano più nemmeno nei grandi rivenditori né vengono pubblicizzati nelle riviste di settore. Sul red carpet degli ultimi Oscar nessun “big” ha rischiato di inimicarsi i fan scegliendo un abito di Dolce & Gabbana, nonostante il brand sia storicamente uno dei più scelti sul tappeto rosso.

Come si traduce economicamente tutto questo? Il mercato cinese pesa per un terzo sulle vendite del lusso globale e si calcola che crescerà del 40% da qui ai prossimi sei anni. Secondo un report di McKinsey, nel 2025 i giovani millennials cinesi spenderanno circa 180 miliardi di dollari in articoli di lusso, pesando per il 75% sulla crescita del mercato globale. La Cina è dunque per il marchio milanese un mercato fertile, dove ha 58 punti vendita per 400 milioni di euro di ricavi, che il ban potrebbe seriamente mettere a repentaglio. Lo stop a Dolce & Gabbana sembra essere, infatti, ben più serio rispetto alle polemiche sollevate per altri ‘scivoloni’ di grandi marchi del lusso, come ad esempio Prada o Gucci che ultimamente sono stati accusati di razzismo per aver messo in commercio articoli che sembravano ricalcare gli stereotipi razzisti dell’era coloniale. Ma in quei casi i prodotti sono stati rimossi subito, con tante scuse, e lo sbaglio è stato presto archiviato. Non è andata così, invece, per Dolce & Gabbana, la cui ultima sfilata milanese è stata disertata da molti vip e blogger influenti, compresa la direttrice di Vogue China Angelica Cheung: il sito Launchmetrics ha calcolato un numero di post e articoli ben dieci volte inferiore rispetto alla sfilata dell’anno precedente.

Stando al report di McKinsey, i consumatori cinesi fanno larghissimo affidamento ai social media per reperire informazioni sulla moda e per decidere cosa comprare in base ai trend. Ciò significa che i social hanno un ruolo fondamentale nel veicolare le vendite, ed una “cattiva reputazione” online si traduce in un calo di profitti. Sottovalutare il peso dei social è semplicemente ingenuo, anche perché oggi un boicottaggio è molto più facile da organizzare proprio grazie alla viralità di internet: e più semplice da diffondere significa più efficace nell’incidere pesantemente sui profitti di un brand.

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