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Ultimatum Ue all’Italia sulla Tav: un mese per decidere

Tra i conti che l’Italia ha in sospeso con l’Ue, c’è anche la Tav. La perenne indecisione sulla Torino – Lione potrebbe ‘costare’ al Paese 120 mln di euro già ricevuti dall’Europa, e da restituire. Alla vigilia del consiglio d’amministrazione di Telt, la società incaricata di realizzare e gestire la nuova ferrovia, arriva da Bruxelles un nuovo ultimatum all’Italia: la scadenza per fare chiarezza sul progetto e dare una risposta è luglio. E in caso contrario il rischio non è solo quello di perdere i fondi a disposizione. Un aut aut che complica il dialogo politico tra Lega e M5s, con questi ultimi divisi sull’ipotesi mini-Tav tornata a circolare nelle ultime ore.

Al cda di Telt, domani a Parigi, per la prima volta sarà presente Iveta Radicova, nuova coordinatrice del Corridoio Mediterraneo che nei mesi scorsi aveva annunciato l’intenzione dell’Unione Europea di aumentare dal 40 al 50% il finanziamento comunitario dell’opera. E per la prima volta sarà presente anche Alberto Cirio, lo scorso 26 maggio eletto presidente della Regione Piemonte con un programma sì Tav. “È l’occasione per rilanciare la necessità di partire e procedere speditamente con la parte italiana”, ha detto, ricordando di avere calendarizzato per inizio luglio un incontro con Toninelli, ministro ed esponente di quel Movimento 5 Stelle in fibrillazione per l’apertura della loro viceministra all’Economia, Laura Castelli, “ad un progetto di compromesso”.

L’ipotesi è quella del sindaco di Venaus, Nilo Durbiano, già sul tavolo di Palazzo Chigi dallo scorso marzo, e consiste nel rifare il traforo ferroviario del Frejus, con una nuova galleria di 15 km, al posto del maxi-tunnel da 57,5 km previsto dal progetto attuale. Il timore che dietro a una revisione del progetto si celi in realtà il via libera all’opera, che farebbe non poco felice l’alleato della Lega da sempre favorevole, ha fatto scattare il tam tam nel movimento. Sulla questione è stata convocata una assemblea straordinaria dei pentastellati torinesi, che intendono lanciare un messaggio forte e chiaro al governo. All’ordine del giorno c’è infatti la proposta di indirizzare una lettera aperta con cui chiedere al governo di ribadire il no all’opera. In gioco con gli assetti del Governo c’è anche la tenuta della maggioranza della sindaca Appendino che in caso di via libera alla Torino-Lione potrebbe subire un vero terremoto.

Da parte della Commissione, a quanto si è appreso, è stato chiesto all’Italia di indicare “con chiarezza e rapidamente” se si punta a un prolungamento del Grant agreement poichè appare evidente che i lavori che dovevano essere completati entro la fine dell’anno – ed a fronte dei quali è stato sono stati stanziati fondi europei per un totale di circa 813 mln di euro – non lo saranno. Per questo tipo di aiuti destinati a sostenere la realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, si ricorda a Bruxelles, vige un principio che si applica a tutti i progetti in tutti i Paesi: o si utilizzano, oppure si perdono.

Già a marzo la Commissione aveva scritto a tutti i Paesi interessati (sono decine le opere avviate in giro per l’Europa) chiedendo di fare il punto della situazione. Questo nella prospettiva di chiedere e ottenere eventualmente un prolungamento dell’applicazione del Grant agreement fino a un massimo di due anni. Ora è tornata alla carica perché il suo obiettivo è quello di non lasciare inutilizzate risorse preziose e richiestissime: basti pensare che le domande di finanziamento che arrivano a Bruxelles superano in alcuni casi anche di cinque volte le disponibilità di cassa.

Quindi Bruxelles, con i fondi non utilizzati, vorrebbe arrivare a indire nuovi bandi in autunno per poter poi allocare le risorse a metà 2020. Nel caso del progetto Tav, finora i fondi europei allocati (813 milioni) coprono circa il 40% del costo della prima parte delle opere previste. Di questi 120 sono già stati erogati, mentre l’esborso dei restanti è subordinato allo stato di avanzamento dei lavori, a partire dai bandi di gara. In assenza di una richiesta di proroga del Grant agreement, non solo non sarà versata la seconda tranche, ma sarà chiesta anche la restituzione di quanto già erogato.

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