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Banche, utili delle ‘big’ a 6,5 mld. Ma scendono i ricavi

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Nell’ultimo anno nelle undici banche principali, in Italia, si sono persi 4.818 posti di lavoro. Una tendenza accompagnata dall’aumento degli utili, ma anche dalla diminuzione dei ricavi. L’analisi, fatta da Uilca, dei conti economici del primo semestre del 2019 degli undici principali istituti di credito italiani ha evidenziato un incremento dell’utile complessivo rispetto allo stesso periodo del 2018 di 847 milioni (+15%) a 6,5 miliardi complessivi, pur con la presenza di operazioni straordinarie.

Il margine d’interesse complessivo è sceso del 3,5% e le commissioni del 3,6%, mentre i ricavi cedono il 5,2%. “Quando una contrazione dei ricavi è contemporanea alla riduzione dei costi operativi è necessario chiedersi se la continua riduzione delle spese, soprattutto del personale, è la via corretta oppure se vi sono altre strade”, commenta il segretario Uilca Massimo Masi. In un anno nelle undici banche principali si sono persi 4.818 posti di lavoro, mentre il responsabile del centro studi Uilca Roberto Telatin spiega che “il nuovo processo di aiuti monetari che la Bce ha annunciato evidenzia come la stagione dei bassi tassi d’interesse sia destinata a durare”.

Secondo lo studio Uilca, nei primi sei mesi dell’anno i crediti deteriorati netti si sono ridoti del 6,91%, con un ‘taglio’ di 2.019 milioni rispetto al 31 dicembre 2018, e rappresentano il 4,32% dei crediti netti. Le rettifiche su crediti del primo semestre sono complessivamente stabili rispetto al 2018, pur presentandosi in maniera differente fra le varie banche. Il sindacato ricorda che la contrazione del Pil e le prospettive di crescita zero si rifletteranno nella qualità del credito nei prossimi anni “per cui sarebbe conveniente ‘mettere fieno in cascina’, cioè accantonare gli utili per fronteggiare le probabili perdite su crediti che le nuove normative europee rendono più costose in termini di accantonamento. La qualità del credito diventerà sempre più importante, ma in un’economia stagnante e priva di una direzione politica stabile per banche e imprese il meteo finanziario non segna bel tempo”. “L”argenteria di famiglia’ – conclude Masi – ormai è finita in quasi tutte le banche e fare utili con operazioni straordinarie, quali cessioni di partecipazioni, ora non più strategiche per perseguire gli obiettivi reddituali promessi nei piani industriali, potrebbe non essere la scelta che garantisce solidità al sistema, soprattutto perché questi utili sono liquidati agli azionisti e non investiti nelle banche”.

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