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Per Confindustria l’economia italiana è ancora bloccata

confindustria

Di Mila Onder – Bloccata, ferma, debole. Gli aggettivi che indicano lo stato di salute dell’economia italiana si moltiplicano, ma indicano tutti la stessa cosa. Che il risultato finale sia zero, -0,1% o +0,1%, il 2019 sarà fondamentalmente un anno di stagnazione e la prossima manovra economica dovrà segnare veramente una svolta se vorrà rilanciare il Paese in un quadro internazionale che non promette affatto bene. L’ultima analisi è quella di Confindustria. Nel terzo trimestre, il Centro studi dell’associazione non vede alcuna inversione di tendenza rispetto alla crescita piatta del secondo.

“Accanto alla conferma di alcuni segnali di miglioramento, perdura una lunga serie di dati negativi, che riflettono anche uno scenario globale non brillante e con rischi al ribasso”, affermano gli imprenditori che vedono l’industria “in affanno”, l’export e gli investimenti a rischio e qualche accenno di recupero solo per i servizi e i consumi. Troppo poco di fronte alla situazione globale.

La Germania è in panne, gli Usa non crescono come dovrebbero, la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina pesa sulle prospettive del commercio mondiale, il vecchio Continente potrebbe dover fare i conti la hard Brexit e dai Paesi in via di sviluppo non arriva più grande slancio. In questo quadro, gli indicatori annunciano una flessione degli investimenti nel terzo trimestre (dopo il +1,9% nel secondo). Gli ordini interni dei produttori di beni strumentali sono scesi a livelli molto bassi a luglio-agosto e il mese scorso la fiducia delle imprese manifatturiere è calata, portandosi sui valori del 2015.

È vero che ad agosto l’indice Pmi manifattura Italia è risalito, ma il passaggio è stato minimo, da 48,5 a 48,7, comunque sotto quota 50 che rappresenta lo spartiacque fra miglioramento e peggioramento delle condizioni del settore. In più, per il 13esimo mese consecutivo, è diminuito l’indice dei nuovi ordini da 47,5 a 46. Confindustria nota quindi il calo del rendimenti dei titoli di Stato ma non si accontenta. Ad agosto – segnala il centro studi – il tasso sul Btp decennale è sceso fino all’1,01%. Il Mef calcola ben 800 milioni di risparmi sugli interessi, insieme ad un aumento del fabbisogno dovuto però in gran parte allo slittamento dell’autoliquidazione. Ma lo spread sui rendimenti italiani resta, secondo gli industriali, ancora troppo alto e pesa sulla competitività delle aziende: il tasso in Germania è infatti scivolato a -0,74%, in Francia è a -0,42%, in Spagna appena sopra lo zero (0,12%).

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