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2020, anno dello Stato o del Mercato?

Si muove lo Stato ma pensando a un’opzione di Mercato. Sembra la soluzione di un rebus ma è la direttrice principale con cui si apre il 2020. Alitalia, Ilva, Popolare di Bari, probabilmente le autostrade. Più per necessità che per scelta, tutti i dossier più caldi richiedono l’intervento di risorse e strategie pubbliche. La storia è stata scritta assecondando le continue oscillazioni fra statalismo e liberismo, ponendo come due estremi i sistemi socialisti, da una parte, e il capitalismo puro, insofferente alla presenza pubblica, dall’altra. Sono, ovviamente, semplificazioni. Ma andando a leggere nelle stagioni meno ideologizzate, come quella attuale, la contrapposizione si riduce sempre, più o meno, alla stessa domanda: il mercato può fare da solo o serve la mano dello Stato a guidarlo? E, ancora, gli interessi privati come vanno conciliati con quelli pubblici?

I tre casi, quattro con le autostrade, che hanno segnato la fine del 2019 danno qualche indicazione. Sono storie diverse tra loro ma presentano analogie significative. Nel caso dell’Ilva, c’è una multinazionale come ArcelorMittal che va ricondotta a considerare non solo la logica del profitto ma anche gli impegni contrattuali presi e le conseguenze che il minacciato disimpegno avrebbe per il comparto industriale e per il tessuto sociale, a livello locale e a livello nazionale. La soluzione prospettata è quella di un coinvolgimento dello Stato in grado di incidere sulla costruzione del nuovo piano industriale. “Lo Stato ci metterà la faccia”, nella sintesi del premier Giuseppe Conte. Ma dovrà fare i conti con le intenzioni del colosso dell’acciaio franco-indicano e con le strategie dell’amministratore delegato per l’Italia, Lucia Morselli.

Il caso della Popolare di Bari è quello più lineare. In questo caso, il copyright è sempre quello del presidente del Consiglio, un intervento dello Stato che “fa di necessità virtù per mettere in sicurezza il risparmio dei cittadini”. Risorse pubbliche, quindi, per ricapitalizzare ed evitare danni peggiori. È già successo e succederà ancora: quando le banche arrivano ad accumulare perdite, per mala gestione e anche per scelte discutibili della Vigilanza di Bankitalia, la soluzione obbligata è sempre la stessa.

Il dossier Alitalia rappresenta una storia a sé. Ci sono errori stratificati che rendono ancora più complicato il percorso che può portare a una soluzione di mercato. In questo caso l’intervento dello Stato è già operativo da anni, con una serie infinita di prestiti, definiti ‘ponte’ proprio nella speranza che possano riuscire a congiungere un prima a un dopo. Il comparto aereo, poi, ha le sue leggi. Serve un forte partner industriale e, per non perdere lo status di compagnia comunitaria, deve essere anche europeo. Bruciata nel tempo per la colpevole miopia della politica (Berlusconi e i Castelli della Loira…) la carta Air France, resta una sola candidata credibile: Lufthansa. Ma i tedeschi dettano le loro condizioni e il governo, lo Stato, deve fare i conti con un perimetro che deve necessariamente ridursi. Tanto che in questo caso le parole di Conte sono più circostanziate: “Ci stiamo incaponendo e siamo determinati a ristrutturarla per poi offrirla a soluzioni di mercato”.

Sempre Stato che interviene pensando al Mercato. I problemi aumentano ancora quando si scende sul terreno delle concessioni autostradali. C’è la ferita sempre aperta del crollo del Ponte Morandi, c’è un gruppo privato e quotato in Borsa (Atlantia che controlla Aspi), c’è una famiglia di industriali come i Benetton, c’è la politica che fa propaganda, c’è il problema non secondario di capire chi possa sostituire l’attuale gestore in caso di revoca della concessione: ci sono tutti gli elementi per rendere il dossier esplosivo. In questo caso, le parole che vanno ricordate sono quelle di Luigi Di Maio. Fa il ministro degli Esteri ma è il leader della forza che detiene la maggioranza (parlamentare) che sostiene il governo, i Cinquestelle: “Io non sono tranquillo che ci siano quei signori che non hanno mantenuto il ponte Morandi che ora gestiscono 3 mila chilometri, bisogna riprenderci quella gestione”. Nella sua versione, il progetto è chiaro: “riprenderci quella gestione” vuol dire che, come previsto nel decreto Milleproroghe, torni all’Anas. Lo Stato che risolve un fallimento del Mercato. E nuove risorse pubbliche che vanno cercate, anche se non si sa bene dove.

Nazionalizzare, o al contrario privatizzare, tutto. Tra un estremo e l’altro, servirebbe una politica economica coerente, in grado di proporre uno Stato capace di intervenire per aiutare il Mercato a funzionare, eliminando le distorsioni e favorendo uno sviluppo sostenibile. Facile nella teoria, meno nella pratica. Che deve necessariamente passare per la soluzione di questioni complesse come quelle con cui si apre il 2020.

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