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Energie rinnovabili: ecco come è cambiato il mercato italiano

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È come un fiume in piena. Ci possono essere dei massi che ostacolano il corso. Possono essere anche tanti. Ma l’acqua è talmente impetuosa che alla fine trova la sua strada. Così Lorenzo Parola, partner dello studio legale inglese Herbert Smith Freehills, descrive il mercato delle rinnovabili in Italia. “Il panorama degli investimenti si è completamente ribaltato”, afferma senza mezzi termini l’esperto che, con particolare riferimento al fotovoltaico, anticipa a Fortune Italia che “nelle prossime settimane ci saranno dei deal grossi nel settore della market parity”. Ovvero, in assenza di incentivi.

Nella metafora, l’acqua sono i soldi che derivano dall’enorme domanda di rinnovabili che pervade il mercato italiano. I massi più grossi, invece, sono le barriere burocratiche che frenano il rilascio di autorizzazioni, e dunque gli investimenti pronti per approdare sul suolo italiano. Ciò che rema contro l’affermazione dell’energia green, dunque, è l’offerta. Lo sa bene l’avvocato Parola che, forte della sua esperienza ventennale nel settore, che si spinge oltreconfine – è qualificato anche come Solicitor in Inghilterra e Galles – è leader della divisione energy dello studio.

“In Italia, ogni qualvolta viene realizzato un impianto fotovoltaico, c’è sempre qualcuno disponibile a ritirare il 100% dell’energia prodotta”, afferma sottolineando che “il problema in Italia è che le autorizzazioni vengono gestite a livello regionale. E le normative sono estremamente farraginose”. Questa la principale criticità rilevata dalla Ppa Committe. Un comitato fondato da Parola insieme ad altri due player, Ref-e e Public Affairs Advisors, che si occupano rispettivamente di pubblic affairs e di studi economici sull’energia, impegnato a far luce sui limiti che ostacolano la market parity del fotovoltaico in Italia.

Nel quadro degli investimenti nel settore, ci sono tre variabili che sono cambiate radicalmente: flussi di cassa, protagonisti e rischi che i protagonisti sono disposti a prendersi. Nonostante il recente decreto rinnovabili, nel fotovoltaico “gli investimenti sono sempre più di natura privatistica – spiega – Prima l’energia veniva venduta tramite incentivi a un ente pubblico. Adesso i protagonisti del mercato sono i privati: trader e grossisti di energia, ma anche sponsor degli stessi impianti”. Gli attori principali “non sono più solo utilities ma anche fondi di investimento”. E l’investitore, nella maggior parte dei casi, è lo stesso utente che usufruisce dell’energia che produrrà, come “i fabbricanti cinesi di pannelli solari, che molte volte sono gli stessi che sviluppano questi impianti”.

È cambiata anche l’entità dei rischi che questi investitori sono disposti ad assumersi. “A differenza di ciò che accadeva prima con il mercato incentivato, molti fondi infrastrutturali stranieri investono nei portafogli in via di sviluppo, assumendosi il rischio di costruzione – spiega Parola – Andare sul mercato e comprare impianti già pienamente autorizzati forse non garantisce i ritorni che gli investitori internazionali si aspettano”. Nel settore M&A siamo in un momento in cui l’Italia si caratterizza per essere un ‘seller’s market’: “ci sono molti più acquirenti che venditori. E nel settore delle rinnovabili questo effetto è estremizzato”, sottolinea l’esperto. La ‘pioggia’ di quattrini che alimenta questo fiume in piena arriva soprattutto dal sud-est asiatico. “C’è un grandissimo interesse per l’Italia da parte dei fondi cinesi, c’è un grande flusso di cassa che non proviene dai soliti noti (Stati Uniti, Francia… )”. Se è vero che la Cina da una parte è conosciuta come ‘il grande inquinatore’, dall’altra è all’avanguardia nel settore delle rinnovabili e “sul fotovoltaico sono sicuramente i leader a livello internazionale”, spiega Parola.

In Europa, nella classifica dei Paesi più attrattivi per lo sviluppo di impianti fotovoltaici, l’Italia è subito dietro a Spagna e Portogallo. “La penisola iberica è capofila. Ha fatto scuola. Poi c’è l’Italia. Ma sta crescendo molto anche la Grecia”, spiega Parola. Le ragioni che hanno favorito questa polarizzazione degli investimenti sono in larga parte riconducibili a un tema di policy “in termini di obiettivi di decarbonizzazione e di quote d’energia prodotta da fonti rinnovabili a livello europeo”. Infatti “sono Paesi che hanno target ambiziosi”. A cui si aggiungono caratteristiche territoriali favorevoli: “Hanno tutti un forte irraggiamento”. E il primato della Spagna “oltre a essere agevolato dai vasti spazi che ha a disposizione, potrebbe essere stato favorito dal fatto che gli incentivi sono stati ridotti prima che in Italia”. Sta di fatto che, “l’Italia adesso è il Paese in cui tutti vogliono essere” grazie anche al prezzo dell’energia. “La curva di prezzi in salita”, afferma Parola. Dunque, una volta superato il tema delle barriere burocratiche, l’Italia è quasi pronta a spiccare il volo.

Ma non prima di aver risolto un paio di criticità minori, evidenziate dalla Ppa Committee. Il primo è un tema competitivo. Visto che si tratta di contratti di lunga durata, chi compra energia come cliente finale ha un po’ paura a fare una scommessa. “Lei si metta nei panni di un grande cementiere: l’energia che compra per il proprio ciclo produttivo ha un notevole impatto sui costi di produzione. Se io sono il cementiere A, non voglio comprare energia a 15 anni perché ho paura che il cementiere B compri l’energia a un prezzo più competitivo, magari appena un paio di anni dopo. Le curve di prezzo non sono infallibili”. La seconda criticità è legata al fatto che il mercato è giovane: “se io compero l’energia in Spagna riesco a coprirmi dalla volatilità del prezzo per 7 anni, in Italia solo per 3 anni. È difficile vendere energia a prezzo fisso a 10 anni perché l’acquirente dal terzo al decimo anno subirà al 100% la volatilità del prezzo”. La prima criticità “è superabile mediante l’approvvigionamento di energia rinnovabile solo per una quota del proprio fabbisogno”, mentre per risolvere la disponibilità di coperture di più lungo termine “è solo questione di tempo”.

Attualmente ci sono molti deal interessanti nella market parity che stanno bollendo in pentola. Almeno nel fotovoltaico. Mentre l’eolico sembra ancora percorrere la strada dell’incentivo: “le operazioni che vediamo nel settore idroelettrico ed eolico sono soprattutto aggregazioni di portafogli o di finanziamento tese a rinnovare impianti già esistenti”.

Sul raggiungimento degli obiettivi del piano nazionale integrato energia, l’avvocato Parola si dice fiducioso. Attualmente, infatti, il settore vive un mix esplosivo tra le esigenze di decarbonizzazione, l’economicità della tecnologia rinnovabile, e la digitalizzazione. “Quando la digitalizzazione investe un nuovo settore, per sua natura quel settore non cresce più in modo lineare, ma esponenziale. E questo è ciò che sta succedendo ora nelle rinnovabili, come accaduto molti anni fa nelle telecomunicazioni”.

Articolo di Attilia Burke apparso sul numero di Fortune Italia di novembre 2019.

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