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Coronavirus, la difficoltà di decidere

“Non lo so, veramente. E nessuno può saperlo. Il problema è che è necessario decidere comunque”. La risposta via sms da un’autorevole fonte di governo arriva al termine di uno scambio di messaggi sull’opportunità o meno di fermare le attività delle imprese in Lombardia per arginare la diffusione del Coronavirus. L’ultima domanda era: “è proprio indispensabile fermare tutto?”. Ho riletto più volte la risposta, per cercare di andare avanti con un’altra domanda. Poi, mi sono fermato. Non per buona educazione ma quasi per un moto di solidarietà.

C’è un elemento che spesso siamo portati a mettere da parte quando cerchiamo di capire cosa sta per succedere, quale strada si vuole prendere di fronte a un bivio importante: la difficoltà di decidere. Non vuol dire solo avere dei dubbi. E non vuol dire solo dover considerare una serie di variabili. Vuol dire anche prendere atto che in una situazione come quella che stiamo vivendo è estremamente più facile esprimere posizioni di parte piuttosto che farne la sintesi e trovare una soluzione utile a tutti. Il Governatore della Lombardia, Attilia Fontana, guarda ai problemi gravissimi del suo territorio e chiede, legittimamente, un regime di ‘coprifuoco’. Confindustria, anche nella sua componente lombarda, altrettanto legittimamente, ribatte che è indispensabile tenere aperte le aziende. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si affida a parole che hanno un peso: “Non affidiamoci a istanze emotive. Non vorrei che si levasse un dibattito pubblico che chiede in modo parossistico misure sempre più restrittive e domani accorgerci che gli altri interessi in gioco non rimarrebbero più in piedi, che sarebbero stati completamente conculcati”.

Il dibattito pubblico, le richieste e le decisioni. Su questi tre piani si gioca un equilibrio difficile da tenere. E mai come in questa fase la responsabilità di governo assume un profilo difficile da giudicare. Il dibattito è influenzato dalle istanze dei partiti politici, delle parti sociali, dell’opinione pubblica, dal lavoro della stampa. Perfino la comunità scientifica esprime pareri contrastanti. C’è chi parla a ragione, chi si improvvisa, chi continua a speculare nonostante l’emergenza. Le richieste che arrivano a chi deve decidere sono continue e spesso di segno opposto, con una gamma di sensibilità che oscilla dalla superficialità al catastrofismo. Sono cambiati tutti i parametri con cui, in una situazione normale, si valutano gli elementi che servono a scegliere una strada piuttosto che un’altra. In gioco ci sono beni e valori intangibili, a partire dalla tutela delle vite umane. E anche il fattore tempo incide in maniera diversa. La possibilità di rimandare, attendere e ponderare dello scenario normale si perde nell’urgenza di intervenire dello scenario dell’emergenza.

Si torna alla risposta iniziale: “il problema è che è necessario decidere comunque”. Vale per la stretta sulla Lombardia, che potrebbe arrivare presto. E vale per i passaggi successivi, quelli che arriveranno dopo. La verità è che si deve intervenire per forza, continuamente, senza avere certezze sull’efficacia di quello che si fa. Si sono commessi errori, e se ne faranno altri. Continueremo a schierarci per questa o per quell’altra soluzione, sosterremo le nostre ragioni, contesteremo un provvedimento piuttosto che un altro. Ma facciamolo riconoscendo che il ruolo più difficile ce l’ha sempre chi deve mettere la propria firma in fondo a un provvedimento che ha comunque conseguenze e costi enormi. E che, in ogni caso, sarà solo una tappa di un percorso che può essere ancora lungo e doloroso per tutti.

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