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La storia, come si esporta il Coronavirus

Partenza da Roma Ciampino, arrivo a Londra Stansted. Un centinaio di passeggeri, tra i quali molti italiani. Non faremo nomi, per non creare problemi a chi in questo momento è ormai in uno degli alberghi della capitale britannica.

A Roma, la normale trafila dei controlli. A cui si aggiunge il passaggio al termoscanner e la richiesta di indicare le ragioni del viaggio. Basta la rassicurazione, verbale, di avere un appuntamento fissato per una transazione finanziaria nella City, il 25 marzo. Quindi, gli addetti alla sicurezza augurano buon viaggio.

Poi il volo, affollato, e l’arrivo a Londra. In perfetto orario. Non si incontra nessuno nel percorso che passa per il controllo elettronico dei passaporti, il ritiro dei bagagli, il passaggio alla dogana. Solo la consegna di un foglio con la raccomandazione, per chi arriva da Paesi a rischio come l’Italia, di rimanere al chiuso ed evitare contatti con altre persone. Segue l’indicazione di usare il servizio online 111 per il Coronavirus per sapere cosa fare dopo. Niente altro, liberi di uscire dall’aeroporto e spostarsi ovunque si vuole.

È stata dichiarata la pandemia ma si viaggia comodamente, da Roma a Londra, con un aereo di linea. E senza nessun controllo, nessuna restrizione. È ancora possibile, anche se può sembrare incredibile.

La prevenzione nel Regno Unito è affidata a un volantino e al presunto senso di responsabilità di chi viaggia. Decine e decine di persone provenienti dall’Italia rappresentano un rischio evidente ed è inspiegabile gestirlo in questo modo.

Che si siano dichiarati validi motivi di lavoro alla partenza, che siano reali o solo presunti, o che si siano manifestate improrogabili esigenze di altra natura, il dato piuttosto allarmante è che il virus può percorrere migliaia di chilometri indisturbato e ospitato su un volo di linea.

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