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Coronavirus, Uber e Lyft: stop al carsharing in Nord America

Dara Khosrowshahi uber

L’arrivo della pandemia di coronavirus in Nord America ha costretto, come da noi, tante aziende a rivedere i propri piani. L’ultima ad annunciare provvedimenti è stata Uber. L’azienda di trasporti ha sospeso il suo servizio di guida condivisa Uber Pool negli Stati Uniti e in Canada a causa dell’epidemia di coronavirus.

“Il nostro obiettivo è di contribuire ad appiattire la curva di diffusione del virus nelle città in cui operiamo”, ha dichiarato Andrew Macdonald, vicepresidente di Uber su Twitter. La decisione toccherà i servizi di 18 città, tra cui San Francisco, New York e Seattle. La mossa arriva dopo che alcuni guidatori del servizio di Uber hanno
segnalato alla compagnia a sospendere le corse per problemi di salute. Il servizio standard di trasporto passeggeri di Uber rimane attivo, insieme alla sua piattaforma di consegna cibo Uber Eats. Quello sospeso, infatti. è il servizio più economico, quello che prevede passaggi condivisi a più persone nella stessa macchina, in base alla loro destinazione.

Una scelta simile l’ha fatta il grande concorrente di Uber nel campo del trasporto passeggeri, Lyft.

 

 

Inoltre, proprio Lyft sembra volersi espandere nelle consegne a domicilio di cibo e medicinali. Secondo quanto riferito da Usa Today, l’azienda sta cercando di istituire partnership governative e con attori dell’health care americano, per attrezzarsi. Lyft starebbe anche cercando di capire come offrire assistenza finanziaria ai suoi autisti.

Sia Uber sia Lyft sono state duramente colpite dall’emergenza, in linea con le altre aziende. In borsa Uber ha perso il 6,80% nell’ultima seduta: ora viene scambiato a 18,91 dollari, quando solo un mese fa viaggiava sui 40. Cifre simili per Lyft, che nell’ultima seduta ha perso il 2,41%.

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