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Ecco perché l’Estonia era l’unico paese preparato al coronavirus

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Se volete sapere come sarà il mondo quando l’epidemia di coronavirus sarà terminata, forse dovrete guardare all’Estonia. Il piccolo Paese baltico, infatti, è l’unico in Europa che si poteva considerare veramente preparato a fronteggiare la crisi. I suoi cittadini sono quelli che, secondo diverse rilevazioni, soffrono meno le sensazioni che tutti noi stiamo sperimentando: panico, ansia, paura e dubbio. Il motivo è che l’Estonia, a differenza dell’Italia, ha costruito negli anni una solida infrastruttura digitale governativa che permette ai cittadini di fare praticamente qualsiasi cosa online, evitando contatti fisici. Immediatamente dopo il lockdown del Paese, indovinate cosa hanno fatto gli estoni? Hanno lanciato un hackathon, cioè una gara di idee per finanziare startup in grado di rispondere alla crisi e in questi giorni sarà aperto un acceleratore con il supporto della Commissione Europea.

La società digitale

Nel 2005 l’Estonia ha introdotto l’identità digitale e da allora non ha fatto altro che aggiungere servizi a una carta elettronica che tutti i cittadini avevano. Si tratta di una carta di credito, con dentro una sim, con la quale si può fare praticamente tutto. Si può collegare al conto bancario per ricariche telefoniche e pagamenti (evitando i contanti) e si può anche inserire nel telefono come una sim qualsiasi e telefonare. Si possono richiedere prescrizioni mediche e servizi della pubblica amministrazione. Sull’ID estone c’è praticamente qualsiasi informazione che serve al governo per permettere al cittadino di votare alle elezioni, fare la dichiarazione delle tasse, cambiare residenza, e – in questi tempi di emergenza dovuti al coronavirus – persino registrare una nuova nascita. Le uniche volte che il governo estone richiede esplicitamente la presenza fisica di un cittadino sono quando deve fare l’ID, perché vengono prese le impronte digitali, e poi quando ci si sposa, divorzia e quando si vende casa. Tutto il resto è digitale. Nel 2014 l’Estonia ha anche lanciato la “residenza digitale” per permettere agli stranieri di trasferire il proprio commercio nel Paese baltico, e diventare a tutti gli effetti residenti – e immigrati – digitali. Una bella opportunità: in Estonia un’azienda si apre in 15 minuti netti. D’altronde, questo è il paese dove è nato Skype, quello strumento per chiamare e videochiamare con internet che in questi giorni di reclusione abbiamo riscoperto con gioia.

L’Estonia, di fatto, è l’isola digitale di tutta l’Europa, il paesino che dopo aver conquistato l’indipendenza negli anni ’90 in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, si è rimboccata le maniche per capire come costruirsi una nuova economia e diventare finalmente un paese moderno. La risposta l’ha trovata nel digitale: così, oggi, nessuno si sognerebbe di compilare un 730 cartaceo o di recarsi fisicamente dal medico per una semplice ricetta. Tutto è online, sullo smartphone a portata di mano. Per questo, quanto è arrivato il coronavirus, l’Estonia era pronta: tutti i cittadini avevano già nel proprio telefono un sistema che gli permetteva di acquistare il biglietto dell’autobus senza toccare monete né controllori, di firmare documenti e contratti a distanza e di portare tutte le classi di scuole e università online. Ad ogni bambino che nasce il governo assegna automaticamente un indirizzo email col dominio @esti.ee, e già dal 2002 il Paese ha diffuso il sistema e-kool, una piattaforma che collega genitori, studenti e insegnanti, dove si possono caricare lezioni e compiti. Nei primi giorni di chiusura delle scuole, riporta il sito della rete televisiva nazionale estone, si sono riscontrati problemi di “overload” della piattaforma di e-kool che ha avuto un numero di accessi contemporanei mai testato prima. Un problema di sovraccarico, ben diverso dal nostro digital divide: il coronavirus è stato come una mannaia sociale che improvvisamente ha diviso i ragazzi che avevano un computer personale, una cameretta a disposizione da mostrare in videochiamata e una connessione che regge lo streaming prolungato da quelli che, semplicemente, non avevano niente di tutto ciò. E che stanno aspettando.

Niente panico

La testata americana Politico sta tenendo traccia giorno dopo giorno di tutti i casi di coronavirus confermati nei diversi paesi europei, assegnando a ogni Paese un numero da uno a dieci per indicare il “panic level”, cioè il livello di panico, basandosi su indicatori come la copertura mediatica della crisi, gli acquisti compulsivi dettati dalla paura di restare senza provviste e l’effettivo stato di contagio tra la popolazione. Sebbene l’Estonia sia ai primi posti nella classifica dei paesi europei con il maggior numero di casi per un milione di persone (attualmente ci sono 538 persone contagiate su una popolazione di 1,3 milioni di abitanti) Politico le assegna un livello di panico molto basso: 3 su 10, molto più basso rispetto al 7 francese e tedesco e all’8 italiano e spagnolo. Il governo estone ha preso misure analoghe a quelle adottate in Italia: il 12 marzo ha dichiarato lo stato di emergenza legato alla pandemia del coronavirus con misure straordinarie fino al 1 maggio (se non ci saranno altre evoluzioni). Sono state chiuse le scuole e gli eventi culturali, fermati i traghetti di collegamento con le altre regioni e chiusi i confini a partire dal 17 marzo. “La priorità è proteggere la salute dei cittadini estoni” ha detto il primo ministro Jüri Ratas.

La ‘startup nation’ d’Europa

Subito dopo, la prima cosa che hanno fatto in Estonia è stato lanciare un hackathon, ovvero una gara di idee per fronteggiare la crisi. L’hanno chiamata Hack the Crisis: tra le proposte inviate ne avrebbero scelte cinque da realizzare. Cinque startup da finanziare per rendere immediatamente esecutivi i progetti. Le idee spaziano dalle app per connettere volontari ai dispositivi da indossare che avvertono in caso di contatti troppo ravvicinati. Una startup ha anche proposto un sistema per far ruotare la forza lavoro tra le diverse aziende per permettere a quei lavoratori in settori chiusi – come ad esempio il turismo – di continuare a operare in altri settori con maggiore domanda, come l’e-commerce. Qualche giorno fa è stato lanciato anche un nuovo progetto in cui l’ecosistema delle startup estoni si è unito a Mistletoe Singapore, e alla Commissione Europea per organizzare un acceleratore di startup libero, online e della durata di 100 ore per sostenere quelle idee che hanno il “potenziale per un forte impatto nel costruire il mondo di oggi e quello che verrà dopo la crisi”. Tra i mentor del programma figurano la presidente estone Kersti Kaljulaid (la prima donna e la più giovane in assoluto ad aver ricoperto il ruolo) e alcuni imprenditori famosi come i co-founders di Bolt, Skype, Pipedrive, Veriff, Testlio.

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