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Coronavirus, l’impatto dimenticato su treni e alta velocità

Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università Milano Bicocca, parla dell’impatto del Coronavirus sul settore ferroviario. La versione completa di questo articolo, a firma di Morena Pivetti, è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno.

 

Come fosse avvolto da un maleficio, da un incantesimo perverso o dal mantello dell’invisibilità reso famoso da Harry Potter. Il treno, questo Cenerentolo, quasi completamente scomparso dai titoli dei giornali e delle Tv. E ancor più Cenerentolo, il treno ad alta velocità, la vera sfida vinta dall’Italia negli ultimi dieci anni, la rivoluzione che ha cambiato le abitudini di viaggio e le scelte di vita degli italiani, dove lavorare, dove abitare. Un successo di cui andare fieri, che si studia e si copia nel mondo e ora ‘missing’ dal dibattito pubblico.

Fiumi di inchiostro sul trasporto aereo, sul turismo, sui ristoranti, sui settori maggiormente messi in ginocchio dal Coronavirus e dal rimedio numero uno che si è dovuto escogitare per ridurre il tasso di contagiosità dell’epidemia: il distanziamento sociale. Ma del treno, dell’Alta velocità, se non per le notizie di giornata sul servizio regionale per i pendolari, si sono perse le tracce.

Eppure, non è stato meno colpito dell’aereo. Anzi. “L’impatto del Covid-19 sull’AV ferroviaria è stato assai più pesante che sull’aviazione civile anche se non se ne parla”, mette subito in chiaro Andrea Giuricin, docente di Economia dei Trasporti all’Università Milano Bicocca, visiting professor in università americane e cinesi, consulente di tante società, tra cui Ntv, gestore di Italo. “Parliamo di 19 mld di dollari di mancati ricavi in Asia e di 2,5 mld di dollari in Europa. Spiego subito perché. L’aereo è relativamente piccolo, sulle medie percorrenze parliamo di 180 posti, bastano 130 passeggeri per rendere il volo profittevole. Un convoglio Alta Velocità deve avere una maggiore intensità della domanda, poiché la numerosità di posti è molto superiore; ad esempio l’Agv di Italo, ha 472 posti o il Frecciarossa 1000 ha 459 posti. Quindi il riempimento a scacchiera non funziona. E fino a che non si riaprono gli spostamenti tra le Regioni, la domanda non c’è, è crollata del 99%. In più l’incertezza regolatoria non aiuta”.

 

La versione completa di questo articolo è disponibile sul numero di Fortune Italia di giugno. Si può comprare in edicola e in versione digitale, oppure ci si può abbonare ai link di seguito:

 

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