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Il Pil peggio delle attese. E non cresce da un anno

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È peggiore delle stime iniziali il calo del Pil italiano nel secondo trimestre: l’Istat infatti ha aggiornato la stima preliminare (che fissava la perdita di prodotto interno lordo a -12,4%) e il nuovo dato vede una diminuzione del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti dello stesso periodo del 2019 (contro il -17,3% stimato a fine luglio). Al di là dell’impatto sconvolgente della crisi del Covid sulla crescita italiana, i dati dell’Istat ricordano come il Paese partisse da una posizione non esattamente ideale già prima che la pandemia colpisse l’economia mondiale: con questo trimestre, l’Italia festeggia un intero anno senza crescita.

 

L’ultimo segno più – un anemico +0,1% – risale infatti al secondo trimestre del 2019, ed è stato seguito da una crescita congiunturale zero nel trimestre successivo, e quindi da una serie di andamenti negativi, con -0,2% nell’ultimo trimestre del 2019, e quindi -5,5% nei primi tre mesi del 2020 e poi dal -12,8% comunicato oggi.

 

La variazione acquisita per il 2020, intanto, è pari a -14,7%. Rispetto al trimestre precedente, l’Istat conferma come tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con cali dell’8,7% per i consumi finali nazionali e del 14,9% per gli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 20,5% e del 26,4%. La domanda nazionale al netto delle scorte ha contribuito per -9,5 punti percentuali alla contrazione del Pil, con -6,7 punti dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private, -2,6 punti degli investimenti fissi lordi e -0,2 punti della spesa delle Amministrazioni Pubbliche.

 

Anche la variazione delle scorte e la domanda estera netta hanno contribuito negativamente alla variazione del Pil, rispettivamente per -0,9 e -2,4 punti percentuali. L’istituto di statistica registra andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti, rispettivamente, del 3,7%, del 20,2% e dell’11%.

 

Sui consumi, la previsione di Confcommercio è altrettanto negativa. Per colpa della pandemia nel 2020 in Italia si rischia un calo dei consumi del 10,9% (pari a una perdita di 116 miliardi, 1.900 euro pro capite), con il Nord risulta l’area più penalizzata (-11,7%), con quasi il 60% del calo complessivo concentrato nelle sue 8 regioni e con la Lombardia che registra la maggiore perdita in valore assoluto (oltre 22,6 miliardi di consumi), mentre nel Mezzogiorno la riduzione della spesa sul territorio è più contenuta (-8,5%) a causa della minor presenza di turisti stranieri e di una minore caduta dei redditi. I risultati emergono dall’analisi sui consumi regionali nel 2020 dell’Ufficio Studi di Confcommercio, secondo cui “dovrebbero trascorrere almeno cinque anni per tornare ai livelli di spesa pro capite del 2019. Rimangono, pertanto, fondamentali riforme strutturali, da finanziare in parte con i fondi europei, per tornare a crescere a ritmi più coerenti con le legittime aspettative di famiglie e imprese”. L’analisi, spiega Confcommercio, “conferma una forte eterogeneità nei tassi di variazione della spesa per consumi regionali nel 2020. Si passa, infatti, da una riduzione a prezzi costanti del 7,2% in Molise (la più contenuta) al -16,0% del Trentino Alto Adige (la caduta più profonda)”. In termini di consumi per abitante, la caduta della spesa ne ripoterebbe “il livello alla metà degli anni ’90, un’evidenza che conferma l’unicità dell’anno in corso nella storia economica italiana del dopoguerra”.

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