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Facebook pagherà gli utenti per disattivare l’account durante le elezioni

Facebook sembra voler rispondere alla fatidica domanda una volta per tutte: quanto peso ha il social media nel muovere le intenzioni di voto? La piattaforma ha pubblicato sul suo blog un articolo in cui spiega che è in contatto con un gruppo di ricercatori per capire se e in che modo l’app influenzi attitudini politiche e comportamenti, specialmente in vista delle elezioni presidenziali che si terranno negli Usa nel prossimo novembre. Ebbene, stando a quanto riportato dalla corrispondente dalla Silicon Valley del Washington Post, Elizabeth Dwoskin, il social di Mark Zuckerberg, pagherà i suoi utenti per disattivare il proprio account nei giorni cruciali dell’elezione: Dwoskin ha condiviso su Twitter, infatti, uno screenshot in cui la piattaforma chiedeva ad alcuni utenti quanto vorrebbero essere pagati per disattivare i propri account Facebook e Instagram, con tre opzioni: 10, 15 o 20 dollari alla settimana.

 

 

I ricercatori che porteranno avanti lo studio, invece, non verranno pagati da Facebook spiega l’azienda, per mantenerne indipendenza e attendibilità – e lo studio verrà reso pubblico quando sarà portato a termine: secondo l’azienda si tratterà di aspettare “almeno la metà del 2021”, quindi quando le elezioni saranno ormai acqua passata.

 

Nel post, Facebook riconosce di avere, insieme agli altri social media “una grande responsabilità” nel processo di costruzione dell’opinione pubblica e nel dibattito politico in quanto “stage”, cioè palcoscenico, di contenuti e opinioni. I social media, e soprattutto Facebook, sono stati più volte additati come manipolatori dell’opinione pubblica e capaci di direzionare i voti. È successo durante il referendum della Brexit, ed è successo nell’ultima elezione Usa, che ha visto Trump salire alla Casa Bianca. Per scrollarsi di dosso queste accuse, il social di Mark Zuckerberg ha preso molti provvedimenti, tra cui quello di vietare gli ads politici nei sette giorni precedenti alle elezioni e di aumentare il controllo sui contenuti che inneggiano a non votare o a votare in modo sbagliato (quindi propagatori di fake news).

 

Il tema, quindi, non è affatto secondario per i colossi tech, che proprio con l’amministrazione Trump si sono trovati coinvolti in una guerra dove le armi in campo sono sempre più affilate. Facebook e Twitter hanno cercato negli ultimi tempi di limitare gli exploit del presidente, quasi sempre ai limiti delle loro policy. Il social network dell’uccellino, ad esempio, ha adottato una politica per la quale, nel caso in cui Trump pubblichi contenuti di hate speech o inneggianti alla violenza, questi non verranno oscurati dalla piattaforma – come dovrebbe avvenire per tutti gli altri utenti ‘comuni’ – ma verranno mantenuti online con l’avviso che potrebbero contenere fake news o essere lesivi. Facebook, invece, proprio nelle ultime ore si è trovato a dover decidere se lasciare o meno sulla piattaforma i contenuti in cui Trump intima agli americani di andare a votare due volte. Continuando a mettere in discussione la sicurezza dei voti per posta, il presidente ha pensato di chiedere ai cittadini di andare a votare due volte, una per posta e l’altra al seggio (una cosa potenzialmente illegale). E lo ha fatto, naturalmente, usando i social.

 

Twitter ha evidenziato il suo tweet come contenuto che “viola le norme della piattaforma sull’integrità civica ed elettorale”, mentre Facebook ha aggiunto al post del presidente un avviso per sottolineare come “il voto via posta abbia una lunga storia di credibilità negli Usa e lo stesso avverrà quest’anno”. Trump ha incoraggiato gli elettori della North Carolina a votare due volte anche in diretta tv, costringendo il board statale per le elezioni a precisare che “è illegale votare due volte”. Mark Zuckerberg, a quel punto, ha annunciato che la sua piattaforma impedirà la diffusione di qualsiasi video che inciti a modalità di voto non corrette. Ma ci riuscirà?

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