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Riparte il calcio italiano, ecco quanto vale

Riparte il calcio italiano. Con il suo valore sociale compresso dalle regole post Covid e con un valore economico che rischia di essere compromesso. Ecco tutti i numeri che emergono dall’l’identikit tracciato dalla ricerca del Centro Studi della Rome Business School, la business school a maggior presenza internazionale in Italia con studenti provenienti da 150 nazioni e parte del network Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta.

 

Il calcio ha un giro di affari di 28,4 miliardi di euro, la sua organizzazione di riferimento ha più membri delle Nazioni Unite, è sempre più protagonista del confronto geopolitico internazionale, il 12% del suo Pil mondiale viene prodotto nel nostro Paese dove offre lavoro a 40mila persone con un contributo fiscale di 1,2 miliardi. E’ stato messo a dura prova dalla pandemia con perdite che nel 2020 dovrebbero toccare i 4,5 miliardi di euro con un ritorno alla normalità atteso solo nel 2025.

 

Lo studio della Rome Business School ha voluto analizzare, anche attraverso la rivisitazione storica delle relazioni internazionali, il ruolo del calcio nel contesto geopolitico globale e le performance economiche dei principali club europei ed italiani, con particolare attenzione alle previsioni sulle perdite di un settore “in piena salute”, ma particolarmente colpito dalla crisi Covid-19, e sulle strategie e risvolti della ripresa.

 

Dalla ricerca emerge innanzitutto come il calcio sia ormai a tutti gli effetti un protagonista del confronto geopolitico internazionale. La FIFA con 211 federazioni nazionali organizzate in 6 confederazioni continentali, possiede più membri delle Nazioni Unite (193). L’assegnazione dei Mondiali di calcio incide sui sistemi economici e geostrategici delle nazioni, portando investimenti da capogiro o debiti a seconda delle funzionalità gestionali e politiche di ogni singolo paese.

 

Un modello economico relativamente stabile di fronte ad una crisi senza precedenti

 

Ma il calcio è soprattutto un importante attore economico-sociale. Negli ultimi 10 anni i fatturati dei principali top club mondiali ed europei sono aumentati vertiginosamente, a seguito di fusioni con grandi gruppi stranieri. Si è assistito dal 2010 ad oggi all’esplosione dei numeri di squadre come Paris Saint-Germain (+672% di ricavi) e Manchester City (+297%). La Uefa Champions League ha conquistato sempre più peso in termini di entrate, incassando oggi più di tutte le leghe, ad eccezione della Premier League, i ricavi dei tornei sono passati in 10 anni da 1,3 a 3,2 miliardi di euro (+150%), permettendo ai premi Champions di passare da 764 milioni nel 2009/10 a 2,04 miliardi nel 2019/20 (+166,9%) e a quelli dell’Europa League da 147 a 510 milioni (+246,9%). La Premier League inglese comanda la classifica con 5,9 miliardi di valore complessivo, mentre il calcio genera introiti per circa 4,7 miliardi. “big five”, ovvero i 5 campionati europei principali sono, in ordine di potere commerciale, quello inglese, tedesco, spagnolo, italiano e francese ed hanno prodotto un record fi € 15,6 miliardi nel 2017/18, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente.

 

In italia prodotto il 12% del PIL mondiale di settore

 

Dall’analisi del Report della Rome Business School si evince come il calcio italiano sia in costante crescita, registrando a livello nazionale introiti per € 4,7 miliardi di euro (bilancio Figc) che equivale al 12% del Pil del calcio a livello mondiale e da lavoro a 40.000 persone. Questo genera 1,2 miliardi di euro di introiti per il fisco del bel paese dove quasi la metà dell’intera popolazione italiana – ben oltre 28 milioni di persone – si considera appassionata di questo sport. In totale, le cinque maggiori società italiane (Juventus, Inter, Roma, Milan e Napoli) valgono 1,5 miliardi di euro in ricavi al netto delle plusvalenze: da sole, cioè, incassano il 57,6% di tutta la Serie A, posizionandosi anche tra le prime 22 posizioni dei club europei di maggior valore. Significativo anche il peso economico dei diritti televisivi del calcio, che nelle 54 principali leghe professionistiche europee è passato da 2,8 a 20,1 miliardi di euro. Restando in Italia, inoltre, notiamo notevoli discrepanze tra la Serie A e le leghe minori. Se ci soffermiamo, ad esempio, sul caso regionale del Lazio, notiamo che il valore totale delle rose delle due protagoniste è rispettivamente di 355,15 milioni per i giallorossi e 304,80 milioni per i biancocelesti. Scendendo anche di una sola categoria notiamo differenze abissali con il valore totale del Frosinone (Serie B – 9,11 milioni, terza rosa della serie cadetta dopo Benevento ed Empoli). In serie C troviamo poi la Viterbese (2,60 milioni) e il Rieti (450 mila Euro); mentre in Serie D il Latina calcio (1.03 milioni).

 

Perso un quarto del valore, ripresa solo nel 2025

 

Nel 2020 il Covid -19 ha bruscamente frenato l’ascesa economica del calcio, diminuendone i valori del 20-25%. A livello globale, si stima che le perdite per il 2020 dovrebbero toccare i 4,5 miliardi di euro per raggiungere i 6.3 miliardi nel 2021. L’impatto dovrebbe attenuarsi solo tra sei anni (2025), quando si spera di tornare agli stessi livelli produttivi pre Covid-19, ma nel frattempo ci sarà stata una crisi profonda, con ulteriori perdite di 3,1 miliardi per il 2022, 1,5 nel 2023 e 600 milioni nel 2024. Inoltre, la contrazione media del valore dei salari dei calciatori sarebbe circa del 14%, corrispondente ad una diminuzione totale di 4.1 miliardi. In Italia sarebbe di circa 380 milioni l’anno. Tra i club più penalizzati il primato europeo spetta al Barcellona che rischia di perdere fino a 450 milioni di euro, mentre in Italia rischiano perdite per centinai di milioni l’anno in particolare Juventus e Inter.

 

“Questa ricerca dimostra come Il calcio non è solo uno sport, ma una vera e propria industria ed anche uno strumento di soft power da parte degli Stati. – commenta Antonio Ragusa, Preside (Dean) della Rome Business School – Proprio per il valore intrinseco di questo comparto è importante analizzarne i risvolti anche in termini occupazionali e sociali. Per queste ragioni una realtà come la Rome Business School ha voluto guardare alle sue dinamiche e alle opportunità che può offrire a tanti giovani che vogliono trovare sbocchi professionali in settori meno tradizionali. Sotto questo profilo abbiamo messo a punto una serie di percorsi formativi, incluso un vero e proprio Master dedicato allo sport management che si caratterizza, nello spirito della business school, anche per un forte profilo internazionale per rispondere in modo efficace alle nuove sfide che l’economia del calcio ha di fronte”.

 

Moltissime società calcistiche sono quindi in pericolo. Il rischio è più elevato nel breve termine perché il principale pericolo riguarda il flusso di cassa: gli stipendi devono essere pagati immediatamente da entrate che non possono essere perse ma che sono state per ora posticipate, come la vendita dei biglietti delle partite o i diritti tv (solo questi ultimi in Italia pesano per 1.3 miliardi). Un futuro modello di calcio europeo post-Covid19 potrebbe prevedere limitazioni a livello salariale – anche con un eventuale tetto massimo di compensi per i calciatori – e di costo dei trasferimenti ed acquisizioni dei giocatori. Si potrà puntare sulle entrate provenienti dalle principali piattaforme online (Dazn, Eurosport, Live now ecc.), mentre potrebbero crescere le aziende pronte ad investire sui canali social dei club o dei giocatori stessi.

 

La ricerca è stata curata da Valerio Mancini, direttore del Centro Studi, e Alessio Postiglione.

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