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Smart working: una rivoluzione che può diventare una trappola

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Sullo smart working servono regole e un’attenta analisi dell’impatto economico e sociale. La versione completa di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2020.

 

Il lavoro può e deve essere più ‘intelligente’. Obiettivi concreti, meno controlli e più risultati. E anche la flessibilità nella presenza fisica, con conseguente risparmio di costi per le aziende e guadagno di tempo per i lavoratori, è una strada finalmente tracciata. Nessun dubbio sulle potenzialità dello smart working. Deve essere incentivato, tutelato e istituzionalizzato. I timidi passi che si stavamo facendo prima della rottura rappresentata dal Coronavirus hanno subito un’accelerazione improvvisa. Brusca, come tutte le novità introdotte sulla scia di una necessità stringente. Lo smart working è diventato, dalla sera alla mattina, l’unica forma di lavoro possibile. E ha perso, nell’emergenza dei mesi del lockdown, anche la sua natura intelligente. È diventato altro. L’home working, il lavoro da remoto, sperimentato per causa di forza maggiore, ha monopolizzato la scena. La rinuncia al luogo fisico di lavoro, l’impossibilità di avere un contatto diretto, la distanza imposta sono elementi che hanno poco a che vedere con lo smart working. Sono fattori che vanno gestiti, altrimenti finiscono per far pesare soprattutto le loro conseguenze peggiori, arrivando a bruciare risorse e a mortificare la dignità del lavoro. A queste conseguenze pensava, evidentemente, il sindaco di Milano Beppe Sala quando a metà giugno pronunciava una frase che ha suscitato polemiche: “Un consiglio mi sento di darlo, io sono molto contento del fatto che il lockdown ci abbia insegnato lo smart working, e ne ho fatto ampio uso in Comune, ma ora è il momento di tornare a lavorare, perché l’effetto grotta per cui siamo a casa e prendiamo lo stipendio ha i suoi pericoli”. Parole forse pesate male da un punto di vista della comunicazione ma che hanno un loro fondamento. Perché le scelte fatte da tante aziende, che hanno frettolosamente sfruttato l’onda lunga del Coronavirus per chiudere sedi, disdire contratti di locazione e abbandonare i presidi sul territorio, aprono una serie di problemi. La versione distorta dello smart working rischia di diventare una trappola.

 

La versione completa di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di ottobre 2020. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

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