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Coronavirus, i contagi pesano già sull’economia

I dati dicono che il Coronavirus è tornato rapidamente un problema serio: 4458 nuovi contagi a fronte di un numero di tamponi record, 128.098. L’impatto e la gravità della malattia iniziano a sentirsi anche negli ospedali: dei 65.952 attualmente positivi, 358 sono in terapia intensiva (+21 rispetto a ieri), 3.925 ricoverati con sintomi (+143). Non siamo all’emergenza di marzo e aprile ma la situazione si sta rapidamente evolvendo.

 

Per chi si occupa di economia, e non di sanità e di cronaca, il tema principale è la ricaduta che può avere sul sistema produttivo un’inasprisi rapido, e inaspettato in questi termini, della diffusione del Coronavirus. E non si può che ragionare su due piani, quello macro e quello della cosiddetta economia reale. L’impatto sul Pil è al momento difficilmente calcolabile e ci si può attenere ai dati forniti dal governo, prendendo come riferimento quello scenario avverso indicato nella Nadef: se le cose dovessero mettersi male, il Pil 2020 chiuderebbe in calo del 10,5%. Ma anche rispetto a questo dato non può che esserci incertezza. Perché le variabili che incidono, a partire proprio dalla velocità di crescita dei contagi, sono tante.

 

L’altro piano, quello dell’economia reale, riguarda da vicino le scelte di tutti i giorni. I consumi, i grandi e piccoli investimenti, i pagamenti. Tutti fattori su cui pesano l’incertezza e le conseguenze, dirette e indirette, della diffusione del virus. Ognuno dei 128.098 tamponi di oggi ha dietro una storia fatta di tempi di attesa, di quarantene e isolamenti fiduciari. Di famiglie che devono stravolgere le proprie abitudini, di ore di lavoro perse e di attività produttive che rallentano. Stesso discorso vale, a maggior ragione, per i 65.952 attualmente positivi.

 

Agli impedimenti personali, si sommano le lentezze negli adempimenti di tutti i giorni, quelli fra privati e quelli con la Pubblica amministrazione. Già la degenerazione dello smart working nel lavoro da remoto a tappeto è in tanti settori un freno: i tempi di risposta si allungano, le pratiche amministrative si accatastano, la macchina burocratica si ingolfa fino a fermarsi. Le fatture scadono, i pagamenti si rimandano a tempi migliori, i bilanci soffrono. La prima reazione, quasi istintiva, rispetto al riaccendersi dell’emergenza Coronavirus è quella di spendere meno. Per le persone vuol dire consumare il meno possibile, per le imprese vuol dire riununciare agli investimenti.

 

Tutto questo è il Pil. Non solo un numero da mettere in un documento di bilancio o un target da centrare, ma la somma dell’attività di tutti gli attori sociali. Bene, anzi male, l’aumento dei contagi in queste proporzioni ha già un peso. Non è necessario arrivare al lockdown per avere effetti negativi sull’economia.

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