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Coronavirus, 10.000 contagiati: il sistema tamponi non regge

Diecimila contagi da Coronavirus in 24 ore. È una soglia simbolica che nessuno si aspettava di raggiungere così in fretta. L’analisi dei numeri deve sempre tenere conto della percentuale di contagiati sul numero di tamponi e, soprattutto, della quota di ricoveri e di quella dei ricoveri in terapia intensiva.

I 10.010 nuovi positivi registrati nelle 24 ore vanno considerati a fronte di 150.377 tamponi, 12mila meno di ieri. In calo i decessi, 55 oggi (ieri erano 83). Ma crescono le terapie intensive, +52 (ieri +47), che arrivano a 638, mentre i ricoveri ordinari crescono di 382 unità (ieri +326), e sono ora 6.178 in tutto.

 

La contabilità della diffusione dell’epidemia del Coronavirus è la fotografia di una situazione che continua a complicarsi. Sale il nervosismo nel governo e in Parlamento, si accende ancora di più lo scontro con i Governatori. Con un rimpallo di responsabilità che non riguarda solo le decisioni da prendere ma anche il tempo che si è evidentemente perso e quello che non è stato fatto durante i mesi della tregua estiva. Si aggiungono i medici di base che incitano a chiudersi in un ‘auto lockdown’ e la pattuglia di virologi, immunologi e clinici che continua a dividersi su previsioni e scenari.

 

Un altro tema sempre più rilevante è la tenuta dell’intero sistema di tracciamento, strettamente legato al passo precedente, quello della diagnosi attraverso tampone. Con il numero dei contagi, cresce anche il numero di persone che ha bisogno di fare un tampone. Le file chilometriche ai drive in, fin troppo ordinate e spesso gestite con buon senso dalla polizia municipale (nella foto quella di oggi pomeriggio all’Ospedale San Giovanni di Roma), sono la cartina di tornasole di una crisi sempre più evidente del sistema. Ore di attesa per un tampone non sono sopportabili quando sono un disagio per migliaia di persone, diventano insostenibili e portano al collasso se i numeri, come sta avvenendo in questi giorni, sono destinati a crescere a ritmo sostenuto. Anche in questo caso, gli sforzi che si stanno facendo nell’emergenza non possono compensare i mesi di colpevole ritardo nella predisposizione di un piano che potesse reggere l’urto di quello che sta succedendo.

 

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