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Ci risiamo. Siamo tornati nel pieno dell’emergenza. Come se la tregua dell’estate fosse stata solo una parentesi immeritata. La seconda ondata di diffusione dell’epidemia del Coronavirus era prevedibile. Ma non è stata prevista. O, almeno, non è stata preparata come si sarebbe dovuto. Il sistema di diagnosi e tracciamento della malattia, di fatto, non c’è. L’incremento dei posti di terapia intensiva è stato solo parziale. Il sistema sanitario è ancora fragile rispetto ai numeri in crescita dei contagi.

 

E questa è una responsabilità grave della politica, a tutti i livelli: dal governo centrale alle istituzioni locali, che sono tornati a rimpallarsi il demerito di non aver pianificato la messa in sicurezza del Paese. Guardandosi intorno, però, si deve riconoscere che le stesse responsabilità sono condivise, salvo poche eccezioni, in tutto il mondo.

 

 

Siamo stati per qualche mese proiettati, tutti, in una direzione diversa. La ricostruzione, la ripresa, restando in Europa, l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund. E la costruzione di un futuro che potesse risarcire i mesi bui del lockdown. Oggi, tutti, siamo costretti a fermarci ancora. A rivedere i nostri piani, a ricalibrare e a posticipare progetti.

 

 

Tutti, ma non tutti con le stesse conseguenze e le stesse prospettive.

 

 

C’è una frattura netta, e lo sarà più che nella prima stagione del Coronavirus, fra chi sta vivendo una fastidiosa fase di passaggio e chi rischia di non uscirne. Divisi per categorie sociali e per categorie economiche. Lavoratori garantiti e non garantiti. Settori che stanno implodendo e settori che crescono. Imprese che chiudono e imprese che investono. Il rischio è che le disuguaglianze si possano allargare sempre di più.

 

 

In questo scenario, abbiamo cercato di tenere insieme l’analisi e il racconto delle conseguenze della crisi ma anche le grandi trasformazioni in atto, quelle che guardano alla crescita e allo sviluppo sostenibile. Lanciamo un allarme legato alle infiltrazioni delle Mafie nell’economia sana. Diamo voce e spazio ai lavoratori colpiti dalle crisi industriali, soprattutto al Sud. Poi, c’è l’altro lato della medaglia. Ci sono la transizione energetica delle grandi aziende petrolifere, dall’Eni a Bp, la scommessa sull’idrogeno degli autotrasportatori, le tante startup che spingono sull’innovazione e la sostenibilità.

 

 

In tema, la classifica di Fortune Change the world, costruita su una promessa semplice: anche il profitto può spingere le aziende ad affrontare i problemi non risolti della società civile. Un esempio su tutti lo forniscono i produttori del vaccino contro il Covid-19. Fanno parte della classifica anche le banche delle minoranze etniche, sotto i riflettori negli Stati Uniti durante la lunga campagna elettorale insieme alle rivendicazioni del ‘Black lives matter’.

 

 

Tornando all’Italia, e alla politica, pubblichiamo un’analisi della gestione economica della Regione Veneto di Luca Zaia, evidenziando i pregi e i difetti dell’uomo che può diventare il prossimo leader della Lega.

 

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