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La seconda ondata e un sistema spaccato a metà

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Il sistema economico è sempre più spaccato a metà, causa Coronavirus. Da una parte le imprese e le attività che chiudono, dall’altra quelle che investono e crescono. In gioco c’è il futuro. Quello più vicino, legato alla sopravvivenza, e quello a medio-lungo termine, legato allo sviluppo sostenibile. La versione originale di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di novembre 2020.

 

 

La seconda ondata era prevedibile. Ma, di fatto, non è stata prevista. Archiviata un’estate colpevolmente ‘normale’, siamo tornati alla cappa imposta da un’epidemia sostanzialmente fuori controllo. La contabilità quotidiana dei contagi, dei morti e dei malati di Coronavirus è tornata a riempire il nostro spazio e il nostro tempo. E, insieme alle prescrizioni per contenere la diffusione del virus, sono tornate anche le conseguenze pesanti per l’economia, per il tessuto produttivo, per il mercato del lavoro. Allo stesso tempo, la ricostruzione che serviva dopo la prima fase dell’epidemia, quella del lockdown di marzo e aprile, è stata solo accennata e rischia di interrompersi. La prospettiva di rilanciare il Paese con le risorse del Recovery Fund è rapidamente stata soppiantata dalla nuova emergenza. Oggi, nello stesso momento, ci sono settori e imprese sull’orlo del fallimento e settori, e imprese, che guardano avanti e crescono. Alcune fanno addirittura acquisizioni. Da una parte, la desolante immagine delle chiusure e dei licenziamenti. Dall’altra, i progetti e le prospettive che guardano a uno sviluppo duraturo e sostenibile.

 

 

La sintesi del Presidente

 

 

È il 24 ottobre. In un sabato segnato dai quasi ventimila nuovi contagi da Coronavirus, soglia di allarme non solo psicologica, sono arrivati due messaggi del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che aiutano a fare una sintesi efficace. “Abbiamo fiducia nella nostra capacità di affrontare questo momento cruciale con scelte e comportamenti che consentano di puntare alla ripresa della crescita, contenendo i contagi ed evitando costi ancor più elevati per la società intera e ciascuno di noi”. E, ancora: “Un rischio che non possiamo correre è che alle disuguaglianze tra territori esistenti nel nostro Paese si aggiungano quelle derivanti da effetti della pandemia”. Dovevano essere due messaggi di saluto, al presidente della Cna Daniele Vaccarino in occasione dell’assemblea, e al presidente dell’Unione nazionale comuni, comunità ed Enti montani Marco Bussone per il congresso e l’assemblea Nazionale dell’Uncem. Sono diventati un titolo: ripresa e disuguaglianze.

 

 

Il mondo del lavoro

 

 

A soffrire in modo particolare sono le piccole e medie imprese, con meno strumenti per difendersi e reagire. I dati sono in questo senso allarmanti. Il 2020 delle Pmi, secondo la stima della Fondazione studi dei Consulenti del Lavoro, rischia di chiudersi con un milione di posti di lavoro bruciati: una contrazione degli organici di circa il 10%. Alla domanda su quale siano le prossime criticità attese nella gestione del business, i piccoli imprenditori mettono al primo posto la gestione di procedure di cassa integrazione (62,8% degli intervistati) seguita da licenziamenti e abbassamenti dei livelli di produttività. Secondo il 59,4% dei Consulenti, infatti, la ripresa dei contagi impedisce il mantenimento dei livelli di produttività aziendale: il 10,7% li considera del tutto incompatibili con la pandemia e ne prevede il crollo, il 48,7%, poco compatibili, con prevedibile forte riduzione.

 

 

Le infiltrazioni mafiose

 

 

Uno scenario che offre anche un altro risvolto pericoloso. Le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia sana sembrano destinate a farsi ancora più minacciose. Il riciclaggio di denaro sporco, attività prediletta dei clan di Mafia, ‘Ndrangheta e Camorra, trova gestori di attività in crisi, disponibili a cedere il proprio bar o il proprio ristorante per una borsa piena di denaro contante. Gli usurai hanno gioco facile nel proporsi come unica via di uscita a chi tenta di resistere. Non solo. La perdita del lavoro può contribuire a rendere più ampio il bacino da cui attingere per reclutare manovalanza criminale.

 

 

Le crisi industriali

 

 

Il quadro si complica ancora di più guardando al Sud. Pesano ritardi storici e anche alcune crisi industriali infinite. Da quella della Whirlpool, arrivata ormai al capolinea con il disimpegno da Napoli, a quelle di Jabil e Blutec, dove il saldo tra chi ha la speranza di conservare uno stipendio e chi ha la certezza di perderlo è sempre più negativo. Le responsabilità sono spesso diffuse. Multinazionali senza scrupoli, governo incapace di far rispettare gli accordi presi, sindacati ancorati a logiche ormai superate. A farne le spese sono sempre i lavoratori, spesso legati alle imprese che chiudono da rapporti decennali.

 

Le opportunità della crisi

 

 

Poi, c’è l’altro lato della medaglia. Per le imprese più solide, quelle che hanno disponibilità, è addirittura il momento di investire. Un po’ perché le difficoltà degli altri creano occasioni a buon mercato e un po’ perché le risorse per finanziare gli investimenti sono più accessibili. Ci sono settori, come quello della ristorazione veloce, in cui il consolidamento sta accelerando in maniera consistente. L’industria che tiene è quella che ha scommesso su progetti di innovazione, di prodotto e di processo, e che guarda alle grandi trasformazioni in atto, puntando allo sviluppo sostenibile. Dalle grandi aziende, si pensi alla transizione energetica, alle tante startup che spingono sull’innovazione.

 

La versione originale di questo articolo, a firma di Fabio Insenga, è disponibile sul numero di Fortune Italia di novembre 2020. Ci si può abbonare al magazine mensile di Fortune Italia a questo link: potrete scegliere tra la versione cartacea, quella digitale oppure entrambe. Qui invece si possono acquistare i singoli numeri della rivista in versione digitale.

 

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