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Forum Sostenibilità, l’industria e l’importanza dell’innovazione

forum sostenibilità, industria

Nel primo giorno del Forum Sostenibilità di Fortune Italia abbiamo premiato startup sostenibili, parlato del futuro delle rinnovabili, affrontato il tema Recovery fund e le opportunità che apre per la sostenibilità. E abbiamo declinato il tema in tre macro-argomenti, a ognuno dei quali abbiamo dedicato una tavola rotonda: energia, finanza, lavoro. Nella seconda giornata di Forum, affrontiamo altri due temi, con altre due tavole: industria ed healthcare.

 

In quello dedicato all’industria, la discussione, moderata da Dario Di Vico, giornalista del Corriere della Sera, è stata introdotta da Joseph Nierling, Amministratore delegato di Porsche Consulting, secondo cui spesso tra le aziende “ci sono ottimi progetti ma non c’è un’ambizione di cambiare veramente il mondo, una vision forte. Bisogna passare ai fattori moltiplicativi, non ai singoli miglioramenti. Questo pensiero radicale passa dallo scegliere pochi obiettivi di sostenibilità e metterli davvero al centro della strategia, costruendo un percorso chiaro di implementazione”. Una sostenibilità che passa, soprattutto nel mondo industriale, da un’innovazione tecnologica che non lasci indietro le persone, dai dipendenti ai clienti.

 

Tra gli interventi, quello di Sonia Bonfiglioli, Presidente Bonfiglioli Riduttori: “Il progetto di trasformazione dell’azienda è partito con il progetto Evo, quello di uno stabilimento nuovo, totalmente automatizzato, che per noi ha comportato un investimento di decine di milioni di euro che ci hanno messo davanti a un punto cardine del momento di trasformazione: introducendo i robot nella produzione, come avrebbe reagito la forza lavoro di un’azienda storica della metalmeccanica bolognese come la nostra?”. Una domanda fondamentale “perché con i conflitti si fa fatica a fare innovazione. Nel 2016-17 cominciammo a parlare con i sindacati proprio quando i robot e il digitale venivano visti con diffidenza dai lavoratori e dai media. Partendo dalla mappatura di Porsche consulting delle skill obsolete e di quelle nuove e necessarie è nato il nostro digital training per i dipendenti, con un reskill con 200 ore medie in aula a persona”. La presenza fisica in aula “l’abbiamo cancellata per il Covid, eppure la trasformazione sta accelerando nel lavoro e nelle fabbriche, sono nati nuovi enabler ora dominanti a causa del distanziamento, come la realtà aumentata e la comunicazione digitale. L’Academy l’abbiamo lanciata 3 settimane fa, firmando con il sindacato Fiom nonostante siamo in fase di conflitto per il rinnovo del contratto metalmeccanico”.

 

Marco Hannappel, Amministratore delegato Philip Morris Italia, racconta che per la trasformazione tecnologia dell’azienda verso le sigarette elettroniche e “per un futuro senza fumo abbiamo investito miliardi in ricerca industriale e nel 2016 in Italia abbiamo inaugurato il nostro più grande stabilimento del mondo, in provincia di bologna: 650 aziende hanno partecipato per costruirlo”. Oltre ad essere stata un’occasione per sperimentare il valore della sostenibilità economica e dell’apertura alla collaborazione con l’ecosistema imprenditoriale locale, per Hannappel la fabbrica è anche un esempio di inclusione, di come “l’industria 4.0 consenta a tutti di lavorare in maniera inclusiva: da noi il 40% della forza lavoro è donna”. Sull’ambiente, intanto, “abbiamo emissioni ridotte grazie a “uno dei più grandi parchi solari d’Europa”, anche l’acqua “viene utilizzata con l’ottimizzazione nel processo produttivo e con la collaborazione con le istituzioni nei comuni limitrofi, quindi rispettando l’ambiente circostante” e investendo nel territorio: “Oggi firmeremo un rinnovo di accordi che prevedono fino a 500 milioni di acquisto di tabacco, un investimento fatto la settimana scorsa”.

Secondo Claudio Giovanni Picech, Presidente e Ceo Siemens, “la tecnologia è una conseguenza della digitalizzazione”, intesa come approccio imprenditoriale più ampio che investa tutti i settori di un’impresa. “Anche quando abbiamo deciso di costruirci un nostro cloud, la vera chiave digitale è astata l’apertura, la capacità di aprirsi e di mettere a fattor comune conoscenza e dati. Siamo tutti pronti a farlo? Digitale significa anche cambiare la supply chain, la capacità di collaborare con un ecosistema, perché anche le multinazionali hanno bisogno della startup capace di fare qualcosa di particolare, ed è di vitale importanza avere collaborazione con Pmi. Digitale per noi è la capacità di collaborare. La digitalizzazione se si vuole fare va messa al centro in tutte le cose, anche nella gestione del personale: non si può essere digitale senza responsabilizzazione delle persone che le porti ad avere una mentalità di crescita”. In Italia da questo punto di vista “abbiamo necessità di formazione nelle classi dirigenti. Anche dopo lo shock del coronavirus, avremo bisogno di continuare ad investire nella formazione per essere sempre più digitali, che è un fattore abilitante e deve essere al cuore di tutto quello che si fa nell’azienda”. In Italia “non abbiamo neanche un modello per poter fare le cose insieme”, tra pubblico e privato. “Dobbiamo cercare di creare un modello di lavoro tra industria società e politica molto più forte e propositivo. Manca anche la finalizzazione, la capacità di mettere a terra gli investimenti, dobbiamo concentrarci su quello”.

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