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Con l’e-commerce il fatturato delle Pmi aumenta del 42%

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L’adozione dell’e-commerce potrebbe generare un incremento del 42% del fatturato delle piccole e medie imprese italiane, con un aumento medio per azienda di circa 2,5 milioni di euro. In pratica, se stimiamo che i ricavi medi di un’azienda si attestino intorno ai 6 milioni, grazie al commercio elettronico si calcola che gli stessi potrebbero arrivare a oltre 8,5 milioni. A rivelarlo è un’elaborazione condotta dall’Istituto per la Competitività (I-Com), secondo cui le imprese che vendono online hanno una probabilità doppia, statisticamente significativa, di appartenere a una classe di fatturato più elevata.

 

 

Questa probabilità è ancora più alta per le grandi aziende (quasi 3 volte rispetto alle imprese non e-commerce), ma è rilevante anche per le piccole e medie imprese. Quelle che vendono online hanno l’84% delle possibilità in più di ottenere fatturati maggiori. Risultato che potrebbe tradursi in un fatturato addizionale complessivo, in termini di ecosistema produttivo, fino a 534 miliardi di euro.

 

 

Si tratta solo di alcuni dei dati che emergono dallo studio dal titolo “La trasformazione digitale per il Made in Italy. Sfide e scenari in tempi di crisi” realizzato dall’Istituto per la Competitività e presentato nel corso di un convegno online organizzato in collaborazione con Amazon Italia.

 

Lo studio fornisce uno spaccato sull’integrazione delle tecnologie digitali nel sistema produttivo italiano, con uno sguardo alle tendenze più recenti e particolare attenzione alla famiglia delle piccole e medie imprese. Inoltre, dedica un focus specifico al sostegno che il commercio digitale può fornire alle realtà produttive del nostro Paese in termini sia di presenza sullo scenario internazionale sia di ricavi economici, anche alla luce dei recenti sviluppi della crisi provocata dalla diffusione del Covid-19.

 

 

I vantaggi che l’e-commerce può offrire alle imprese sono molteplici e vanno dalla possibilità di raggiungere i mercati globali, altrimenti di difficile accesso, all’abbassamento delle barriere commerciali, dai risparmi sui costi (grazie alla completa automazione del processo di acquisti e alla minore necessità di personale aggiuntivo) all’aumento del flusso di cassa. Secondo lo studio, attualmente solo l’8,3% delle imprese italiane vende online.

 

 

Una percentuale che varia, tuttavia, a seconda della dimensione aziendale: scende all’8,2% per le piccole e medie imprese mentre sale al 12,8 per quelle più grandi. D’altronde il tasso di digitalizzazione del nostro tessuto produttivo risulta ancora lievemente basso, anche se negli ultimi anni sono stati registrati progressivi segnali di miglioramento. Nel biennio 2016-2018 oltre tre quarti delle aziende con almeno 10 addetti, ossia il 77,5% del totale, hanno utilizzato almeno una delle nuove tecnologie a disposizione. Nello specifico, gli investimenti sono rivolti soprattutto alle infrastrutture abilitanti come, ad esempio, il cloud, il miglioramento della connettività e l’adozione di software gestionali. Da questo punto di vista a registrare i ritardi maggiori sono le imprese più piccole.

 

 

 

Il rapporto, inoltre, si concentra sull’importanza di affiancare agli investimenti strutturali una solida e diffusa formazione digitale del personale. Alla fine del 2019 appena il 6,4% delle imprese aveva assunto figure esperte nel settore Ict nei 12 mesi precedenti mentre una media del 16% delle aziende con più di 10 dipendenti impiegava professionisti di questo tipo. Una strategia complementare potrebbe prevedere l’alfabetizzazione del personale già assunto attraverso l’organizzazione di momenti di formazione: sempre nel 2019 solo 16,7% delle piccole imprese aveva avviato percorsi di questo tipo. La percentuale, però, si alza al crescere della dimensione dell’azienda e raggiunge il 38,4% per le medie e oltre il 60% per le grandi.

 

 

 

Infine, secondo gli analisti dell’istituto, i benefici e i vantaggi derivanti dall’adozione del commercio elettronico sono legati al presupposto che l’utilizzo di questo strumento non venga limitato da tariffe ulteriori che comporterebbero un aggravio di costi e uno svantaggio competitivo nei mercati esteri. Oltre a ridurre l’incentivo per le imprese a dotarsi di tecnologie digitali di distribuzione, vendita e gestione della clientela. Al contrario, la ricerca sottolinea la necessità per l’Italia di adoperarsi in sede europea affinché il mercato unico digitale venga completato, le barriere abbattute e le normative armonizzate. Il vantaggio sarebbe duplice: da un lato l’Unione europea potrebbe godere delle economie di scala dei grandi competitor globali – primi fra tutti Stati Uniti e Cina – mentre dall’altro consumatori e aziende beneficerebbero degli effetti positivi di un mercato integrato. In particolare, sarebbero proprio le piccole e medie imprese italiane, spesso prive di risorse finanziarie, organizzative e umane per affrontare regimi normativi diversi, a realizzare i maggiori benefici.

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