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Vivendi-Mediaset, il Tar dà ragione ai francesi, scongelati i diritti di voto

Dopo la vittoria in Europa, per Vivendi arriva anche quella in Italia. I giudici della Terza sezione del Tar del Lazio hanno accolto il ricorso dei francesi, annullando la delibera del 18 aprile 2017 con cui l’Agcom aveva congelato la quota di Vivendi in Mediaset eccedente il 9,9%, parcheggiata in un Trust, la Simon Fiduciaria.

 

I francesi tornano così nel pieno possesso dei diritti di voto in assemblea corrispondenti all’intera quota del 29,9% detenuta nel Biscione, almeno fino alla conclusione della nuova istruttoria aperta dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in base alla norma cosiddetta ‘salva-Mediaset’ approvata di recente dal Parlamento e volta a colmare il vuoto legislativo che si è creato in seguito alla sentenza della Corte di Giustizia Ue che a settembre aveva accolto il ricorso di Vivendi, giudicando non conforme ai trattati europei l’articolo 43 del Testo unico sul sistema radiotelevisivo (la Legge Gasparri).

 

Si tratta dell’ennesimo colpo di scena nella vicenda che vede contrapposti il Gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi e il socio francese, ai ferri corti da quasi cinque anni dopo il mancato acquisto da parte di Vivendi di Mediaset Premium, nonostante un precedente accordo. All’udienza davanti al Tar del 16 dicembre, infatti, l’Italia, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, aveva chiesto di rinviare la decisione sull’opportunità di scongelare la partecipazione di Vivendi in Mediaset, poiché dal mantenimento della situazione precedente non sarebbe derivato un pregiudizio irreparabile per il gruppo che fa capo a Vincent Bollorè, che in caso di convocazione di assemblee di Mediaset per operazioni straordinarie avrebbe comunque potuto chiedere ai giudici di revocare lo stop.

 

Una richiesta a cui, in udienza, si erano accodati i legali di Mediaset, che in alternativa avevano chiesto di respingere il ricorso di Vivendi. Di tutt’altro avviso i francesi, che invece avevano insistito per l’annullamento del provvedimento emanato nel 2017 dell’Agcom in applicazione dell’articolo 43 della Legge Gasparri, come stabilito dai giudici europei.

 

Nella sentenza pubblicata oggi il Tar accoglie in pieno le ragioni di Vivendi, stabilendo che la Corte di Giustizia Ue ha affermato che la libertà di stabilimento sancita dai trattati europei contrasta con l’articolo 43 della legge Gasparri e va pertanto disapplicata. “Occorre concludere – scrivono i giudici – che la delibera gravata poggia le proprie basi su di una norma interna di cui la sentenza della Corte di Giustizia del 3 settembre 2020 impone la disapplicazione, con conseguente applicazione dell’art. 49 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ndr) alla fattispecie”.

 

In ballo, come detto, c’era la possibilità per la media company francese di poter far valere nelle assemblee di Mediaset i diritti di voto derivanti dal 29,9% di azioni del Biscione. Non è infatti in discussione alcuna scalata, visto che la maggioranza in mano a Fininvest non rende l’azienda contendibile. Ma poter disporre di un 29,9% anziché di un 9,9%, in una fase di scontro legale a tutto campo fra i due soci presenta indubbi vantaggi per i francesi che fin qui hanno sempre rifiutato la possibilità di un accordo stragiudiziale con Mediaset con un congruo risarcimento per il mancato acquisto di Premium nel 2016.

 

Una linea confermata dai francesi anche nelle scorse settimane, con una lettera inviata al governo per protestare contro l’emendamento cosiddetto ‘salva Mediaset’ e una denuncia alla Commissione europea, primo passo di una procedura che un domani potrebbe anche portare al riconoscimenti di una infrazione da parte dello Stato italiano.

 

A complicare il quadro era arrivato, il 12 dicembre, l’avviso di conclusione indagini della Procura di Milano a Vincent Bolloré e all’ad di Vivendi Arnaud de Puyfontaine per manipolazione del mercato e ostacolo proprio in relazione agli acquisti di azioni Mediaset effettuati nel 2016. Un’accusa che potrebbe sfociare in un processo e che preoccupa non poco i vertici del colosso francese.

 

La palla torna adesso all’Agcom, chiamata a valutare il nuovo quadro normativo alla luce della cosiddetta norma ‘Salva Mediaset’, attraverso una interpretazione conforme ai trattati europei. In attesa della nuova istruttoria c’è da scommettere che la battaglia legale proseguirà davanti al Consiglio di Stato. I legali che assistono Mediaset stanno già valutando il ricorso.

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