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5G, il Tar respinge il ricorso di Iliad contro l’accordo per la rete Fastweb-Wind Tre

È inammissibile il ricorso presentato da Iliad Italia contro i provvedimenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) e del ministero dello Sviluppo economico (Mise) relativi all’iter di autorizzazione dell’accordo di investimento congiunto tra Fastweb e Wind Tre per realizzare una rete 5G condivisa in Italia destinata a fornire servizi mobili di prossima generazione ai clienti. Lo ha stabilito la Terza sezione del Tar del Lazio, respingendo il ricorso del gruppo francese delle telecomunicazioni. “Il ricorso – si legge nella sentenza – riguarda provvedimenti che hanno ad oggetto un accordo commerciale stipulato tra due privati operatori diversi dalla ricorrente, e che, quindi, rispetto alla ricorrente, non è suscettibile di produrre effetti giuridici”.

 

Il ricorso, presentato da Iliad Italia un anno fa, era stato discusso nel merito il 7 ottobre scorso. A sostegno delle ragioni di Iliad era intervenuta in udienza anche Vodafone. Agcom, Mise, Fastweb e Wind Tre avevano invece chiesto di dichiarare il ricorso inammissibile. L’accordo tra Fastweb e Wind Tre, annunciato a giugno 2019, punta a raggiungere il 96% della popolazione coperta entro il 2026. L’accordo, di durata decennale, prevede l’uso della rete Wind in 5G da parte dei clienti di Fastweb Mobile, e quello della fibra ottica di Fastweb da parte dei clienti fissi di Wind.

 

Nel ricorso, Iliad lamentava potenziali profili restrittivi della concorrenza con effetti sfavorevoli ai suoi danni. “La ricorrente – scrivono al riguardo i giudici del Tar – assume, nelle proprie memorie, che i due operatori contraenti acquisirebbero, nei suoi confronti, un ‘vantaggio competitivo’ in termini di minori costi, possibilità di fornire servizi di maggiore qualità, maggiore efficienza nella gestione delle attività tecniche, ecc.), anche qualora non detengano una posizione dominante”. Iliad aveva anche sostenuto che “le frequenze per la trasmissione del segnale della telefonia mobile costituiscono una risorsa particolarmente scarsa, per cui l’assegnazione di diritti individuali d’uso avviene di norma tramite procedure competitive che raggiungono importi di aggiudicazione estremamente elevati (nel caso delle frequenze 5G, che qui interessano, pari a circa 6,5 miliardi di euro)” e che “l’ampiezza delle risorse frequenziali costituirebbe un fattore concorrenziale di primario rilievo nel mercato della telefonia mobile, suscettibile di generare economie di scala e quindi minori costi”.

 

Argomenti che tuttavia, secondo il Tar, “per la loro genericità, non risultano convincenti, anche perché essi sono stati puntualmente smentiti dalle memorie delle resistenti (in particolare, di Fastweb), che ha messo in luce (non contestata sul punto) che i servizi di comunicazione elettronica 5G non sono ancora attualmente prestati in maniera commerciale sul mercato, così che non è attualmente possibile determinare l’effettiva quota di ciascun operatore su di un mercato, che, pertanto, ad oggi non esiste”. Peraltro, concludono i giudici, anche volendo tenere in considerazione la sola quota di banda detenuta da ciascun operatore ad oggi, Fastweb “ha evidenziato che, su un totale di 1.380 MHz, […] l’accordo in oggetto interessa complessivamente 60 MHz, ossia soltanto il 4,3 % del totale”. Da qui la decisione del Tar di dichiarare inammissibile il ricorso perché “Iliad non riveste una posizione che consenta di ritenerne la legittimazione al ricorso”. La sentenza potrà essere impugnata al Consiglio di Stato.

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